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Portogallo
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Serena Vitale
vive e studia
normalmente a Pisa,
ora si trova ad
Alicante in Spagna.


3 marzo 1999
Il parlamento portoghese si prepara a riconoscere le unioni civili, ma non le coppie omosessuali

Lisbona, Portogallo - Attiviste e attivisti del movimento omosessuale hanno espresso la loro indignazione mercoledì 3 marzo, in chiusura di un dibattito parlamentare in cui sono state discusse due proposte di legge per la modifica dello status legale delle coppie di fatto. Nessuna delle proposte contempla il riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali.

Il Partito Socialista, attualmente al governo in Portogallo, e il Partito dei Verdi, di centro-sinistra, hanno presentato in parlamento due separate proposte di legge per l'equiparazione delle coppie di fatto alle coppie legalmente sposate, in tema di diritti fiscali e di previdenza sociale. Entrambe le proposte fanno riferimento in modo espresso alle unioni eterosessuali, il che ha provocato la reazione della comunità omosessuale portoghese. "È la prima volta che veniamo esplicitamente esclusi da un provvedimento legislativo" - osserva Sergio Vitorino, attivista del movimento per i diritti delle persone omosessuali.

I Socialisti e i Verdi si giustificano dicendo che, in un paese in prevalenza conservatore e cattolico come il Portogallo, le proposte di legge non sarebbero state approvate se avessero contemplato anche le coppie omosessuali. Vitorino rifiuta categoricamente questa giustificazione come "ipocrita ed offensiva" e qualifica come "una forma di apartheid" le promesse pervenute da entrambi i partiti di presentare, più avanti quest'anno, delle proposte di legge separate che disciplinino le relazioni omosessuali.

Costretti in buona parte dalle decisioni prese a Bruxelles più che per spontanea buona volontà politica, anche i paesi di tradizione cattolica in Europa cominciano a dibattere il tema delle unioni civili, a riconoscere l'esistenza di famiglie "di fatto" e a concedere loro diritti. Ma lesbiche e gay sono lasciati ai margini del dibattito, o addirittura deliberatamente fuori, come nel caso del Portogallo. Senza diritti di cittadinanza, per paura delle reazioni dei cattolici, in paesi che hanno costituzioni laiche e governi di sinistra.

Vorrei offrire un commento a questa notizia, ma senza essere banale. In questo momento scrivo l'articolo dalla Spagna, ed è la mattina dell'8 marzo. Sotto la mia finestra si stanno concentrando ragazze e ragazzi per appoggiare il corteo del collettivo femminista, per i diritti delle donne. Credo che l'unica via, quando i diritti ci sono sistematicamente negati, sia quella di scendere in piazza, di venire fuori, di farci sentire. Se continuiamo a nasconderci, saranno sempre "gli altri" quelli che hanno ragione.

Serena Vitale,
MondoQueer


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