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Avvenire
3 Dicembre 1999

Quegli argini che salvano il futuro

di Marina Corradi

C'è un accenno, nelle parole pronunciate ieri dal Papa, alla famiglia che non solo procrea ma "costruisce la storia". Un alzare lo sguardo, un respiro più ampio. Nelle stanze della nostra casa non solo si cresce e si invecchia, si fatica e si parla o si tace, ma si "costruisce la storia". Non soltanto la storia nostra, ma un pezzo di quella di tutti. Si fabbricano uomini che in piccolo o in grande, in bene o in male, faranno a loro volte la storia. Un richiamo che tocca il nostro respiro spesso corto. Avere un figlio? Si calcola, comprensibilmente, se gli stipendi bastano; se si potrà farlo studiare e magari avere tutto ciò che avranno i suoi compagni. Se i conti non tornano, la prudenza prevale. Ma in quel conto raramente poniamo sull'altro piatto della bilancia l'investimento enorme, la speranza che c'è nel mettere in cantiere un uomo. Un altro che costruirà, che continuerà la nostra storia. Quell'accenno del Papa fa venire in mente certi versi di Peguy, quando cantava la Francia cristiana, e ogni dieci o quindici versi ripeteva: "Purché Francia continui...", un intercalare quasi come una preghiera, la preghiera che quel popolo, quella fede si tramandasse nelle generazioni. Alla Francia - a quella di oggi, così lontana da quella di Peguy - accenna indirettamente Giovanni Paolo II, quando dice che è la concezione stessa della famiglia a essere presa di mira oggi in nome di un'etica relativistica che si fa strada "nella stessa legislazione civile". Il riferimento più immediato sembra a quella recentissima legge francese, il "Pacs", che sotto le parvenze di una formula tecnica per risolvere i problemi giuridici dei conviventi potrebbe inserire nella legislazione di un grande Paese occidentale una "mutazione" non irrilevante nella comune percezione del rapporto di coppia. S'è fatto un gran parlare, del "Pacs", perché è una sorta di legittimazione delle coppie omosessuali. Più trascurato invece l'altro aspetto di questa legge, il suo porsi cioè come alternativa al matrimonio civile per le coppie normali (se è lecito ancora definirle così). Una "sottospecie" di matrimonio, un patto "leggero", buono per risparmiare col fisco ma senz'obbligo alcuno di fedeltà né di durata. Anzi, se i due "pacsati" si separano di comune accordo, bastano due righe per informarne il prefetto. Una pura formalità, e nessun obbligo di alimenti a favore del più debole. Non sembra proprio la codificazione di un modo sempre più diffuso di vivere il rapporto fra l'uomo e la donna? La legge non recepisce soltanto le modificazioni del vivere comune; una legge come questa modifica a sua volta, incide nella percezione collettiva del matrimonio. Perché sposarsi, potrebbero cominciare a chiedersi in molti, se c'è un'alternativa meno impegnativa, e altrettanto conveniente sul piano economico e giuridico? Perché promettere fedeltà e continuità di affetti, se per avere diritto alla mutua o alla pensione di reversibilità basta molto meno? Ma fedeltà e continuità d'affetti fanno la famiglia. E non c'è bisogno di essere credenti, come dice il Papa, per ammettere, della famiglia, la necessità. Basta essere in buona fede per riconoscere che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre, insieme. Che gli diano, come a un fiume, una direzione e due argini: per poi lasciarlo libero di andare. Di come oggi gli argini manchino, e più ancora la direzione, nessuno può non accorgersi. Davanti a una fuga dalla realtà che sta diventando un fenomeno di massa tra i più giovani non si possono chiudere gli occhi. Qualcosa non va, qualcosa si sta rompendo; le cellule di quel tessuto connettivo che è la famiglia per la società sono sfaldate, avverte il Papa. Non è moralismo, è un dire: state attenti. Attenti a rispettare quell'esigenza originaria che al di là di ogni moda o cultura è nel cuore dell'uomo. Un bisogno di padre e di madre insieme per sempre; così come un albero ha bisogno della terra.


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