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L'Espresso
25 novembre 1999

LA RIVOLUZIONE DEL CORPO
CENT'ANNI DI CONQUISTE
Sesso è libertà

La Duncan che danza senza veli. La Garbo che seduce uomini e donne... L'emancipazione dell'eros è il filo rosso del 900. Cronaca di una battaglia. Giocata a colpi di nudi, trasgressioni, nuovi diritti di Daniela Minerva Si dice che la regina Vittoria consigliasse alle donne inglesi preoccupate di come adempiere ai doveri coniugali: "Sdraiatevi e pensate all'Inghilterra". Eppure gli storici oggi ci raccontano che Vittoria amò pazzamente il principe consorte, Alberto di Sassonia-Coburgo, proprio per la sua prestanza fisica e che con ogni probabilità si dedicò al compito di dare eredi al trono pensando non solo all'Inghilterra. Sembra allora che fosse proprio sua maestà la prima campionessa di quella doppia morale che marcò il suo tempo, in cui le gambe delle sedie venivano coperte per decenza e i bordelli erano così gremiti che ogni gentiluomo londinese aveva a disposizione 2,7 prostitute. Chissà a cosa pensavano in realtà le donne nel talamo? Chissà se davvero lo facevano "per dare un figlio a Dio"? Certo è che proprio lo stesso anno in cui la regina simbolo dell'Ottocento morì, nel 1901, l'avvocatessa norvegese Katti Anker Moller convinse le donne di tutta Europa a darsi da fare per realizzare un sogno: "la maternità volontaria". C'è voluto tutto un secolo perché il sogno di Katti diventasse realtà e perché ogni donna dell'Occidente potesse ammettere senza remore di farlo "per piacer suo". Ma certamente ha ragione il filosofo francese Edgar Morin quando afferma che la liberazione sessuale è "la vera buona nuova dei tempi moderni". Una nuova voluta e perseguita per tutto il secolo dalle donne nella convinzione che non c'è libertà senza libertà del corpo. Nel 1904 la francese Nelly Roussel, fondatrice ed editrice del quotidiano femminista "La Fronde", difende pubblicamente la contraccezione, ed è seguita a ruota dai movimenti femministi di tutta Europa. E, dall'altra parte dell'oceano, le donne americane sono talmente stufe della doppia morale che lo stesso settimanale "The ladies' home journal" (diffuso in un milione di copie) attacca nel 1908 le autorità colpevoli di non fare nulla per combattere l'epidemia di sifilide (nel 1900, il 15 per cento dei newyorkesi ne era colpito) che gli uomini contraggono nei bordelli e portano a casa. Sono le donne ad aprire il vaso di Pandora della liberazione sessuale all'inizio del secolo: Isadora Duncan rompe gli schemi del balletto classico e libera il suo corpo da ogni restrizione sul palcoscenico. Paula Modersohn Becker ritrasse sé stessa nuda. Frida Kahlo seduce il vecchio Diego Rivera di cui, lei scrisse, più di ogni altra cosa le piacevano i grossi seni. Insomma, il femminile esplode letteralmente nei primi anni del nostro secolo. E anche se il dottor Sigmund Freud si diede un gran da fare per spiegare (nel 1905) che le femmine godevano di due tipi di orgasmo, il clitorideo e il vaginale, ma che solo quest'ultimo (conseguibile soltanto con la penetrazione, e quindi grazie al maschio) era segno di maturità sessuale, le donne non sembrano avergli mai dato molto retta. Piuttosto il simbolo del primo ventennio del secolo sono le foto degli orgasmi di Giorgia O'Keefe esposte dal marito fotografo Alfred Stieglitz in una galleria del Greenwich Village di New York nel 1914. E chi pensa di liquidare tutto questo come gli eccessi di una élite forse sottovaluta alcuni fenomeni. Primo tra tutti il calo demografico comune in tutta Europa durante gli anni Venti. Durante la Grande guerra il processo di liberazione sessuale si inceppa: il richiamo all'unità della famiglia e alla fedeltà delle spose dei combattenti e la segregazione in cui tornano le prostitute (che a partire dalla Francia, lo ha mostrato lo storico Alain Corbin, cominciavano a conquistare condizioni di vita meno disumane di quelle dell'età vittoriana) riportano in auge i protagonisti della scena ottocentesca: la madre fedele, la puttana e il combattente. Ma l'onda lunga della rivoluzione sessuale non si ferma e attraversa quasi indenne i pochi anni di restaurazione. Anzi, per molti versi è proprio la guerra a portare nuova acqua al mulino del cambiamento. La moderna storiografia racconta il mondo dipinto dalla letteratura dell'epoca: al timone del processo produttivo le donne conoscono una stagione di onnipotenza. E Gertrude Stein racconta in quegli anni l'erotismo dell'amore lesbico. Ma non è la sola: D.H. Lawrence, Ernest Hemingway, T.S. Eliot, Francis Scott Fitzgerald: la guerra ha portato il disordine, per le donne un'esperienza di libertà. Che la letteratura descrive. E Hollywood consacra: da Cecil B. De Mille che fa uscire Gloria Swanson da una vasca da bagno, a Greta Garbo, regina di cuori, maschili e femminili. Sognando Valentino le donne imparano ad usare il diaframma e la crema spermicida. Chanel butta alle ortiche sottogonne e crinoline. E, come scrive la storica francese Francoise Thébaud: "Liberato dalle pastoie del busto, dagli abiti lunghi e attillati il corpo femminile può muoversi. C'è una rivoluzione del quotidiano che implica un diverso rapporto con il corpo e con se stesse: fare sport, ballare, uscire da sole, esplorare la propria sessualità e talvolta decidere della propria vita". Il merito di aver descritto per la letteratura popolare l'esprit du temps va a Victor Margueritte che nel 1922 pubblica "La garconne", venduto in oltre un milione di copie e tradotto in dodici lingue, in cui racconta una generazione di donne con i capelli corti e la gonna al ginocchio che vogliono essere indipendenti economicamente, che fanno l'amore in libertà con uomini e donne, prima di trovare un compagno amato e mettere su una famiglia di uguali. Mentre l'indice di natalità declina (il 73 per cento degli impiegati e il 60 per cento degli operai inglesi tra il '35 e il '39 utilizza pratiche contraccettive e percentuali analoghe si registrano in Francia), i cinema in piazza proiettano pellicole come "Gioventù focosa", "Peccatori in seta", "La regina del peccato". Insomma, la strada per la libertà del corpo sembra segnata e la rincorsa travolge le inevitabili resistenze dei bacchettoni: nel 1936 persino la Corte Suprema degli Stati Uniti sottrae i mezzi di controllo delle nascite all'ambito della legge federale contro l'oscenità che li bandiva. E sancisce ciò che nel paese è norma: il 6 giugno del 1938 "Life" pubblica un'inchiesta di Dorothy Bromley e Florence Britten condotta su 1.300 studenti universitari: una ragazza su quattro e un maschio su due hanno avuto relazioni sessuali, e la verginità non è più un valore. Certo, se le due giornaliste avessero posto la stessa domanda a 1.300 studenti italiani non ne avrebbero ricevuto la stessa risposta. L'Italia fascista viveva in un altro mondo di valori, espressi dalle parole del giurista Ferdinando Loffredo: "Le donne devono tornare ad un'assoluta soggezione all'uomo, padre o marito che sia; sottomissione e perciò inferiorità spirituale, culturale ed economica".
Mentre in Europa la contraccezione diventava pratica quotidiana le italiane ricorrevano in massa all'aborto clandestino e, quando portavano a termine la gravidanza, più di ogni altra donna occidentale vedevano morire i loro neonati. Impotenti, giacché, afferma la storica Victoria de Grazia, erano "ignoranti come bestie" in ogni cosa che riguardava il loro corpo. E la misoginia fascista non doveva risparmiare nemmeno i tanti e frequentatissimi bordelli stando alla descrizione che ne fa un testimone d'eccezione, Federico Fellini, che nei suoi film descrive le case chiuse dell'era fascista come luoghi sordidi e frettolosi. Le dittature europee e la guerra, poi il maccartismo in America spazzano via ogni gioia di vivere e con essa la carica innovativa della rivoluzione sessuale del primo Novecento. Le donne tornano al focolare: trionfa la happy family, televisione e cinema si riempiono di ragazze per bene alla Doris Day. Con la sola eccezione della dark lady alla Lauren Bacall: sexy, sì, ma dannatamente pericolosa. Mentre Christian Dior nasconde il corpo della donna con raffinati abiti a trapezio e lo intrappola in una rinata corsetteria, la sessualità si riduce al matrimonio. Le molte riviste femminili si adoperano per insegnare alle donne come essere buone mogli. E il mondo intero si scandalizza di fronte al rapporto Kinsey che racconta la nuova doppia morale made in the Usa: da un lato gli eccessi di un puritanesimo isterico guidato dal capo dell'Fbi Edgar Hoover (culminato con le ronde di "cittadini per bene" a distruggere nei supermercati i libri di dubbia morale e con la crociata antiomosessuali condotta anche da settimanali laici come "Time" e "Newsweek"). E dall'altro una popolazione maschile che non si nega nulla: il 69 per cento ha contatti con prostitute, il 50 si confessa adultero e il 37 ha avuto relazioni omosessuali. Nel 1959 Gabriella Parca pubblica "Le italiane si confessano" in cui racconta, per dirla con le parole di Luisa Passerini: "L'intreccio di vecchio e nuovo in cui vivevano faticosamente le italiane". Intrappolate: "in un'ossessione del sesso, accompagnata dall'ignoranza del proprio corpo prima ancora che dall'incontro con un altro corpo". Allevate a colpi di fotoromanzi e romanticherie, le italiane arrancano sulla scala dell'emancipazione, e vivono la stagione delle incertezze, che Michelangelo Antonioni racconterà in "Deserto Rosso" (con Monica Vitti borghese benestante che ha smarrito la sua identità in un mondo di uomini rapaci). Così mentre le élites esplorano le prime inquietudini che esploderanno negli anni Sessanta, la cultura popolare rimane attaccata all'apologia del focolare su cui si costruisce il boom economico. E guarda con sospetto alle libertà d'oltreoceano. Il secondo Rapporto Kinsey (1953) racconta le donne americane disinibite: petting e sesso orale sono assai diffusi e il coito prima del matrimonio è accettato. E, da "Peyton Place" a "Gioventù bruciata", la cultura popolare racconta i giovani scoperti da Kinsey. Sono proprio le ragazze della generazione perduta a buttarsi alle spalle i perbenismi del dopoguerra e a guidare la nuova, e questa volta definitiva, rivoluzione sessuale. Che detona con una violenza mai vista e si sviluppa a una velocità per molti versi pericolosa. Gli eventi si susseguono con una rapidità inedita: dalla pillola anticoncezionale di Gregory Pincus (1960) che separa definitivamente sessualità e procreazione alla minigonna della trentenne Mary Quant che si presenta così: "Sono forse l'unica donna che è mai voluta andare a letto con un uomo nel pomeriggio? Ogni ragazza per bene aspetta la sera. Beh: ci sono un sacco di ragazze che non vogliono più aspettare. Le minigonne ne sono il simbolo". La beat generation, le droghe psichedeliche, i raduni hippies e l'amore libero. L'orgasmo più celebre della storia del cinema: quello di Jane Fonda in "Barbarella". Tutto in un decennio fino a che, scrisse la femminista Marge Piercy, le donne non realizzarono che "il sesso poteva essere vuoto e soltanto un'altra forma di manipolazione". Dopo aver condotto la battaglia per poter fare l'amore dove e quando volevano, le donne scoprono che la rivoluzione sessuale rischia di dissolversi in una bolla di sapone (il rapporto di Shere Hite sulla sessualità femminile mostrò che la maggioranza delle americane viveva ancora senza provare piacere durante l'atto sessuale). E che per radicarla bisognava gettare fondamenta profonde e sicure di libertà. Quali? Le leggi sul divorzio e sull'aborto, ad esempio, che furono le prime battaglie del femminismo degli anni Settanta e stabilirono definitivamente il principio dell'autodeterminazione della donna nella sfera privata. Poi quella che le femministe chiamarono la riappropriazione del corpo: dai gruppi di self help ai manuali come "Noi e il nostro corpo", fino al manifesto di Germaine Greer, "L'eunuco femmina", che raccontava un mondo di donne senza identità che vedevano se stesse solo in virtù dell'occhio maschile. Il femminismo sul fronte sessuale gioca in difesa e ha il merito di aver sedimentato la rivoluzione delle ragazze Barbarella. La libertà del corpo diventa realtà attraverso le esperienze di due generazioni di donne che non si fanno intimidire dalle grandi paure degli anni Ottanta (l'Aids in primis), né dalla restaurazione reaganiana. Il fronte del conformismo è rotto definitivamente: calano i matrimoni e le nascite, crescono i divorzi chiesti dalle donne e i single. I gay acquistano diritti e visibilità, e i paesi più avanzati approvano leggi che equiparano le coppie di ogni tipo garantendo pari diritti, tra cui quello di adottare bambini o di fabbricarseli in provetta. Il senso comune apre le porte alle stravaganze sessuali di Internet e degli appassionati del sesso telefonico. Le frontiere della scienza: dai nuovi contraccettivi alle tecniche di fecondazione artificiale rompono definitivamente il binomio sessualità-procreazione. La famiglia si allarga e torna quel clan di individui di ogni età e genere (gay, figli adottati, di primo o secondo letto o della provetta) che era prima della rivoluzione industriale.

ha collaborato Letizia Gabaglio


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