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Avvenire
21 novembre 1999

A pochi giorni dall'entrata in vigore in Francia della legge (manca solo il regolamento di attuazione) viaggio alla scoperta del "Patto civile di solidarietà"
Piccole coppie senza doveri
Un'unione fatta solo di pretese: ecco il Patto di Parigi

Marina Corradi
Nostro Inviato

Parigi. Ormai manca solo il regolamento di attuazione. Poi in Francia un uomo potrà chiedere a una donna , invece che "vuoi sposarmi?", un più moderno "vuoi fare un Pacs con me?". Intendendo per Pacs una sorta di "matrimonio leggero", tutto vantaggi e pochi obblighi, soprattutto una cosa che quando si è stanchi si risolve rapidamente e senza noie. A dire il vero, la novità più eclatante del Pacs è un'altra, e cioè che si può fare anche tra due uomini o tra due donne. Le comunità gay francesi festeggiano questa fine millennio che concede visibilità e ufficialità alle loro unioni. Ma se la prospettiva delle nozze omosessuali è quella che più urta i francesi conservatori, forse è l'altro aspetto, di questa legge, il più sottilmente insidioso: la possibilità di un "matrimonio di terzo tipo" ridotto a contratto privato, non impegnativo, semplice da fare come da disfare. La codificazione, a fini quasi esclusivamente economici, di un modo di pensare all'unione fra un uomo e una donna attuale in Francia come in Italia: si sta insieme finché dura, poi, figli o no, arrivederci. "Matrimonio" gay e "matrimonio leggero" in una sola legge. Un pasticcio, dicono i giuristi. Di fatto, questo parto della sinistra di Jospin sembra un'operazione volta a soddisfare due lobby ben inserite nel Parlamento e nel circuito mediatico francese: quella dei gay, e quella d'una certa giovane borghesia di sinistra che non vuole gli oneri del matrimonio, ma pretende i vantaggi fiscali d'una dichiarazione dei redditi congiunta. A far muovere i primi passi alla legge, oltre sei anni fa, furono le associazioni omosessuali . Nel momento della più alta mortalità per Aids, molti gay scoprirono di non avere alcun diritto nei confronti dei loro compagni: né quello di visitarli in ospedale, né quello di restare dopo la loro morte nella casa in cui magari convivevano da anni. Problemi che avrebbero potuto essere affrontati a livello notarile: ma la comunità gay voleva di più, voleva un riconoscimento ufficiale delle unioni omosessuali. Accontentati i gay e i giovani "liberal" benestanti, resta sul piatto una legge che riguarda tutti i francesi; che si pone quasi a metà fra l'unione libera e le nozze vere e proprie, civili o religiose. Pacs infatti significa: nessun obbligo di fedeltà né di condivisione del domicilio. Reciproca assistenza, ma nessuna formalità per la rottura consensuale, e solo un veloce salto da un giudice nel caso che uno dei due non sia d'accordo. Nessun obbligo di mantenimento verso l'ex-pacsato. Quasi un ritorno al diritto di ripudio. Il presidente Chirac, prima di promulgare la legge, l'ha criticata aspramente. Competizione con la sinistra al potere? Può essere, certo che una buona parte dei francesi condivide quella disapprovazione. Nel suo studio di professore emerito alla Sorbona, il demografo Pierre Chaunu si indigna soprattutto per la possibilità di riconoscimento concessa alle coppie omosessuali: "Politicamente questa legge è un raggiro. Nessuno ha mai avuto il coraggio di dire apertamente che ciò cui si voleva arrivare era appunto un matrimonio gay. Ci troviamo davanti a un'operazione perversa, che ridicolizza la famiglia normale, che va a intaccare i valori non dico cristiani, ma proprio quelli su cui si fonda la civiltà occidentale". Più pacato, ma preoccupato, anche Jacques Bichot, presidente di "Familles de France", una grossa organizzazione non confessionale che effettua un monitoraggio sulle politiche familiari. "Una legge ambigua - dice Bichot - pretende di non avere nulla a che spartire col diritto di famiglia, ma anche le coppie unite dal Pacs avranno dei figli titolari di diritti. E poi, ci si è posti il problema delle conseguenze di questa legge sulla società francese? L'iniziativa è partita dal Parlamento, e non è stato effettuato nemmeno uno studio sui probabili esiti concreti del Pacs". Molti francesi, in realtà, non sanno esattamente cosa significhi questa sigla. Lo sanno i cattolici "forti", che a gennaio contro la legge sono scesi in centomila nelle strade di Parigi. La legge è andata avanti, come niente fosse. Toccare la struttura delle società per azioni o i parametri per l'mposizione fiscale sarebbe stato probabilmente meno facile. Con la famiglia, invece, si può fare quel che si vuole . In Francia, le unioni libere sono il 20 per cento del totale, "ma tra i giovani - spiega Bichot - oltre la metà delle coppie convive senza sposarsi". Di modo che, paradossalmente, benché un sondaggio di Familles de France affermi che il 75 per cento degli iscritti è contrario al Pacs, 25 soci su cento sono a favore con questa motivazione, dice Bichot: "Il Pacs, per molti genitori con figli adulti, è "già qualcosa" rispetto al puro stare insieme, insomma un "sempre meglio che niente". Un aspetto interessante della legge è che regolamenta qualcosa di molto simile al matrimonio come un puro contratto individuale, non rilevante per la società attorno, e in questa chiave ne consente una rapida soluzione. Anche questo fa pensare che sotto una sigla breve e orecchiabile si sia introdotto nel diritto di un grande paese occidentale di tradizione cattolica una "mutazione" del matrimonio in linea con il dominio di una certa cultura laica, libertaria e individualista. "Alla radice di questa legge - dice Chaunu - c'è ancora quella matrice sessantottina che aveva in odio la famiglia borghese e metteva sopra a tutto l'autonomia e le inclinazioni dei singoli". Ma la parabola di questa cultura - che generazionalmente oggi è al potere in Francia -secondo l'anziano professore della Sorbona non è ancora conclusa: "Il prossimo passo - assicura - sarà la rivendicazione del diritto di adozione da parte delle coppie omosessuali". E in effetti le associazioni gay non ne fanno mistero: questa è la prossima battaglia. Con una sola legge si profila dunque una famiglia diversa: che è anche, indifferentemente, originata da una coppia omosessuale. Che si fa chiamare "famiglia" per pagare meno tasse, ma non per accettare vincoli e responsabilità. In fondo, un'idea di famiglia molto modesta, come dice Bichot: "Cosa direi a una mia nipote che volesse "pacsare" ? Le direi: senti, il matrimonio è un'idea grande, coraggiosa. Anche l'unione libera potrebbe esserlo, per chi lo intende almeno come un'avventura da ricominciare da capo ogni giorno. Ma questo Pacs, che cosa da poco, che mezza misura. Una faccenda piccolo borghese". Un matrimonio piccolo piccolo è il prodotto di una generazione che sui muri della Sorbona scriveva fieramente, come Gide, "Famille, je t'hais" (famiglia, ti odio).


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