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La Repubblica
17 Novembre 1999

L'amore proibito nello spogliatoio
A teatro una storia diversa ispirata a un campione di Spagna '82

di MAURIZIO CROSETTI

Torino - Zamora è un vecchio portiere. Zio è un vecchio mediano. Non sono mai stati campioni, sono calciatori alla fine. Dopo l'allenamento si sfidano ai rigori, Zio segna per misericordia, poi si chiudono nello spogliatoio e cominciano a parlarsi. È il momento in cui i segreti non hanno più segreto e i dolori si gonfiano, Zamora sa che lo faranno fuori, ha appena preso sei gol dal Milan, invece Zio è semplicemente arrivato all'ultima stagione in A. E così si intitola la commedia: Ultima stagione in serie A. I due giocatori si fanno la doccia, e insieme agli indumenti cadono le ipocrisie. C'è un istante, sempre, in cui la verità reclama il suo posto nel mondo. Zio racconta di essere omosessuale e di avere vissuto una storia d'amore con un loro vecchio compagno di squadra, Massimo, morto dieci anni prima in un incidente stradale. "Da quel giorno" dice "ho chiuso il cuore in una botte". Zamora, lui ha una moglie e una figlia. La ama molto, la figlia, la moglie invece no. Anche Zamora avrebbe voluto il coraggio di una scelta più sincera, di una vita con meno finzioni, ma il suo club lo obbligò a sposarsi presto per soffocare la diversità, perché a un calciatore non possono piacere gli uomini, lui dev' essere il maschio modello, l'esempio di forza, coraggio e virile virtù. Forse Zio ha smesso di vivere, forse Zamora non ha mai cominciato. Calcio e teatro, calcio e omosessualità. Sembrano coppie impossibili, del resto è questo il tema, invece la commedia di Mauro Mandolini sta girando l' Italia e in questi giorni è a Torino, teatro Juvarra, poi sarà a Roma. Sulla scena, Mandolini è Zamora. Invece Zio è Gian Luca Ferrato. "Sia chiaro che il soprannome, uguale a quello di Bergomi, è totalmente casuale" precisa Mandolini. Nessun altro personaggio, solo il ricordo di Massimo, il nome evocato che sarà anche la dolente sorpresa finale. "Il calcio è un mondo maschile, un mondo ermeticamente chiuso. Maschi i compagni, gli allenatori, la maggioranza dei tifosi. Eppure si finge che i gay non esistano. Noi raccontiamo due angosce" dice l'autore. "Il sentimento della fine che il giocatore di pallone incontra quando la vita vera, per la gente normale, è appena iniziata. Raccontiamo due giovani vecchi. Raccontiamo l'amore. Che non ha bisogno di aggettivi: eterosessuale, omosessuale, coniugale, segreto. L'amore è amore e basta". La storia è solo in parte inventata. Lo rivela Gian Luca Ferrato, il mediano: "Uno dei personaggi si ispira a un famoso calciatore che ho conosciuto molto bene. È un campione del mondo dell'82. Omosessuale. Fu costretto a sposarsi per evitare scandali, gli misero accanto una donna che pareva fatta apposta per nascondere la verità, lui ha scelto la carriera e ha pagato un terribile prezzo, perché non è mai stato davvero se stesso. Non ha avuto coraggio, ma forse non poteva averlo. Quando lo rivedo in televisione mi chiedo se ne sia valsa la pena, e vorrei domandarlo anche a lui". Ma non si può, il calcio non ammette la diversità, la fragilità. "Altrimenti gli sponsor scappano, i dirigenti puniscono e il tifoso non perdona. Però io le conosco certe storie fatte di fughe in piccoli alberghi di città straniere, tanti dolori soffocati e clandestini. L'omosessualità nello sport è solo prurito, battute crudeli, eppure nel calcio è molto diffusa. Proprio qui a Torino, del resto, si parla da mesi di un famoso campione che sarebbe diventato omosessuale, ormai lo sanno tutti, e vedrete che il suo club non riuscirà a tenere nascosta la cosa tanto a lungo". Nascondere, vergognarsi, fuggire. La commedia, scartata da tanti teatri importanti per evitare grane, o per non mostrare due corpi nudi sotto la doccia, racconta anche questo. "A Bellinzona, il sindaco era seduto in prima fila ed è scappato. Invece le anziane signore di Trieste si sono messe a piangere e ci hanno implorato di tornare" dice Ferrato. "Tra i calciatori, solo Roberto Mancini ha promesso che verrà a vederci, in troppi fuggono". E davvero questa storia è come una pallonata in una porta di cristallo, spacca luoghi comuni, smaschera la grettezza e l'ipocrisia di uno sport che si dà arie di globalizzazione, e poi ha paura di un amore diverso. Una commedia che parla di un'altra commedia più grande. Triste non avere mai amato, non avere mai potuto. Triste sapere che la partita è finita.


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