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Greg Louganis
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La Repubblica

Louganis, voglia di vita
fra i cani contro l'Aids

"Il loro amore mi ha salvato"
I trionfi nei tuffi, l'Hiv, l'America contro: ora fa l'educatore di animali

dalla nostra inviata
EMANUELA AUDISIO

New York - Lo avevano condannato a morte in tanti: l'Aids, l'America benpensante, quelli che fanno sempre la cosa giusta. perché era l'anti Di Maggio, non un "all american boy", ma un samoano, figlio adottivo di padre greco e di una contadina, un adolescente depresso e promiscuo che aveva provato a suicidarsi tante volte. perché non aveva detto di essere gay, perché non aveva avvertito di essere sieropositivo, nemmeno quando a Seoul, nell'88, andò a sbattere con il capo sulla piattaforma e la piscina si tinse di rosso sangue, perché in tv da Barbara Walters non si era compatito, perché nella sua autobiografia aveva scritto di non vergognarsi della sua vita, nemmeno degli amanti che lo maltrattavano. Un eroe del trampolino, della piattaforma, del grande sport, il solo ad ammettere che anche nella vita e nelle notti a stelle a strisce le medaglie non proteggono, non fanno da preservativo. Doveva morire presto, Greg Louganis, uno dei più grandi tuffatori della storia, uno dei primi campioni con Magic Johnson a scioccare il mondo con la loro sieropositività, con la dimostrazione che anche gli sportivi ricchi e famosi si mischiano con la vita e hanno la febbre. Ma Magic era stato contagiato da una donna, Greg invece da un uomo, che in più lo picchiava e umiliava. Per questo l'America si era affrettata: a fargli scrivere il libro, a chiamarlo come sensibile testimone di molte iniziative, a ospitarlo nei talk-show, a commemorarlo come cadavere ambulante. E infatti ogni volta la prima domanda era sempre la stessa: Greg, come va? Bene va. Ve lo dice lui stesso, con un sorriso hawaiano: "Non pensavo di vivere così tanto".

Greg Louganis, 39 anni, cinque Olimpiadi, quattro medaglie d'oro e una d'argento, vive non rintanato in una bella villa con piscina sulle colline di Malibu con un fidanzato. "Ma in acqua sto pochissimo, faccio solo un po' di Jacuzzi, prendo molti antibiotici, quindi sto poco al sole. Per la maggior parte del tempo non ho grandi problemi fisici, anche se gli inibitori sono difficili da sopportare e a volte le cure sperimentali cui mi sottopongo all'Ucla possono essere dure. Di sicuro non mi faccio consumare dalla malattia. Non ho mai accettato di consegnarmi nelle sue mani".
La notizia non è il suo esasperato ottimismo, ma come e dove l'ha trovato. Con dei nuovi amici, con una nuova professione che è sempre stata una vecchia passione. Greg Louganis è ormai il dottor Cane più famoso del mondo. Insegna ai padroni e agli animali come convivere, rispettarsi, aiutarsi. Soprattutto ai padroni malati e ai cani anziani, a quelli che invecchiano insieme, con le stesse cecità, con dentro gli stessi lutti. "A volte quando la gente apre la porta e mi riconosce quasi sviene". Si capisce: uno chiama la Paws (Pets are wonderful support) perché ha un bassotto da far visitare e a casa a tagliargli le unghie arriva un campione olimpionico che è finito non solo per le medaglie sulla prima pagina di tutti giornali. "Quando ho reso nota la mia sieropositività molta gente mi ha voltato le spalle, i cani sono stati gli unici a continuare a venirmi vicino come prima, a sorridermi, a non vergognarsi di me. Ci sono stati giorni duri, in cui non avevo voglia di alzarmi dal letto, in cui non avevo le forze per farlo, l'ho fatto per i miei cani, perché erano lì vicino, perché si aspettavano qualcosa da me. E anche perché si muovono a casa mia come fosse la loro. I cani sono stati la mia famiglia, la mia terapia, mi hanno salvato con l'affetto. Sono stati importanti come le medicine. Sono appena stato a consigliare una vecchia coppia: una signora con un cane. Nessuno dei due vede più bene, è evidente che in pratica ognuno è un peso per l'altro, ma si conoscono e si amano così tanto che si aiutano a memoria, con un miracoloso atto di fede, e che sarebbe criminale dividerli in nome di una superiore efficienza".

Così Louganis è diventato un educatore di animali, anzi un comportamentista. "Avevo cinque danesi, che purtroppo vivono poco, per questo non ne ho più presi. Quando è morta Donna ero così affranto che l'ho anche pianta in un sito Internet con una lunghissima lettera. Ora ho molti terrier e faccio dog-sitting per i miei amici. Anche questo insegno, soprattutto agli americani, a mostrare il dolore per la scomparsa di un animale caro, senza sentirsi stupidi o esagerati, a capire le rispettive esigenze. Io che ho sofferto per tutte le cretinate e i pregiudizi che sono stati detti su di me. Hanno scritto che me ne ero fregato del dottore che mi aveva cucito lo squarcio in testa a Seoul quando invece al telefono gli ho detto la verità e mi sono tenuto sempre in contatto con lui per sapere come andava. Hanno detto che me ne sarei fregato della salute dei miei avversari quando è noto che con tutto il cloro che c'è in piscina non c'era pericolo di contagio.
Hanno dichiarato che io farei poco per la causa gay quando è chiaro che non puoi fare tutto per tutti e che non puoi diventare un manifesto da mettere ovunque. E la maturità sta proprio nell'accettare questa consapevolezza".
Mai pensato di diventare allenatore di tuffi? "Sì, ci ho anche provato per un po'. Ma era troppo frustrante. Ogni volta stavo lì a commentare con i miei allievi come l'avrei fatto io". Se da lontano in una villa di Malibu vedete tuffi perfetti a quattro zampe non preoccupatevi. I cani di Greg hanno imparato benissimo.


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