Abele De Blasio
(1858-1945)

Testo inviato da:
Anonimo

COMMENTO

Dei delitti e delle pene è uno dei testi fondamentali della cultura occidentale: edito senza grandi pretese e con molte reticenze e prudenza, la storia gli riservò a sorpresa in tutta Europa il ruolo di libro-manifesto delle aspirazioni illuministe di riforma della Giustizia. Caterina di Russia ne fece addirittura la base del suo codice penale, e lo stesso fece il granduca Pietro Leopoldo di Toscana nel 1786. La Chiesa cattolica, ovviamente, lo mise all'Indice.

Nel capitolo 31, di cui propongo un estratto, si chiede di riconsiderare le pene durissime che colpivano delitti di prova difficile, tra i quali l'"àttica venere" o "greca libidine" che dir si voglia, cioè i rapporti sessuali fra maschi.

Beccaria ci fa anche un po' sorridere per l'analisi che vede nei collegi (gestiti dai preti) il luogo in cui questo tipo di amore veniva appreso. Sopprimere i collegi (e il celibato ecclesiastico, si legge fra le righe), a dire del Beccaria, era il modo migliore per risolvere alla radice questo problema. Essendo egli stato educato in collegio avrà forse perlato per esperienza diretta…

Il linguaggio di questo libro ci pare oggi di una timidità estrema, ma il messaggio era per l'epoca intollerabilmente scandaloso: un po' come se oggi qualcuno chiedesse la legalizzazione della pedofilia.

Il dibattito a cui appartiene quest'opera proseguì negli anni seguenti e infine diede frutto: nel 1789 la Rivoluzione francese abolì la pena di morte per la sodomia, anzi, abolì la sodomia come reato e Napoleone, imponendo il codice penale francese all'Europa, diffuse tale novità in tutto il Continente, Italia compresa. Solo l'Inghilterra si sarebbe attardata, mantenendo la pena di morte per la sodomia per altri tre quarti di secolo ancora.

Il testo su cui mi sono basato è quello messo online dal Progetto Manuzio, a sua volta scansione dell'edizione a cura di Renato Fabietti edito da U. Mursia & C. nel 1973.

Nota: la mia trascrizione non è dal manoscritto originale ma dalla fotocopia di un'opera a stampa regalatami priva di indicazioni bibliografiche...

Abele De Blasio
(1858-1945)

'O SPUSARIZIO MASCULINO
(Il matrimonio fra due uomini)

Accanto ai martiri della lussuria troviamo i pederasti passivi di professsione, distinti nella mala-vita coi nomignoli di femminelle, ricchioni o vasetti e chiamati dal Brouardel delinquenti nati semifemminei.

Essi fanno parte di quella folla che si agita per i bassi fondi della città e che si procura col furto il pane quotidiano.

Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della pubertà, sentono il bisogno di essere... goduti; e, trovano che hanno l'ommo 'e mmerda (pederasta attivo), l'amano, come ben si espresse il Mantegazza*, con una passione vera, ardente, che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie di un amor vero.

Il vasetto, tutto contento dell'acquisto fatto, colma di carezze l'amante e poi cerca raggruzzolare quel tanto che è indispensabile per preparare l'ara dove spontaneamente va ad offrirsi in... olocausto.

Il luogo del sacrifizio è quasi sempre qualche lurida locanda, dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare l'amante, qualche sonatore di organetto e chitarra ed una schiera di ricchioni, che fan corona alla timida... fanciulla. Dopo un balletto erotico, il più provetto della... materia augura alla felice coppia la buona notte; ma la sposina, prima di lasciar partire gl'invitati, distribuisce loro i tradizionali tarallucci e vino.

Il giorno dopo, 'o ricchione anziano, accompagnato da un caffettiere ambulante, porta agli sposi due piccole di latte e caffè e poi fa nel talamo un'accurata rivista per accertarsi se il sacrifizio fu compiuto in tutta regola.

Dopo la luna di miele, che non dura oltre le 24 ore, e verso sera, il sacrificato principia a serpeggiare pei quartieri più alti della città per procurarsi, come fanno le prostiture, qualche soggetto che conducono nella locanda di D. Luigi Caprinolo, detto 'o capo tammurro, o, se la persona è pulita (signore), nella casa particolare di donna Benedetta 'a turrese.
Intanto mentre l'attivo guazza in quel "loco dèogni luce muto", un altro mascalzone, che già se ne stava nascosto sotto il letto, gl'invola dagli abiti il portafogli o qualche altro valore.

Le nostre femminelle di giorno si occupano di faccende domestiche, appunto come fanno le donne, e poi in ora stabilita si fanno alla finestra ed aspettano i loro amanti.

Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti più attraenti, si truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul viso qualche neo di bellezza e molti, mediante ovatta, cercano rendersi più formose le parti posteriori e più sporgente il petto.
Qualcuno si femminizza anche nel nome.
Il prezzo che ricavano dal loro ignobile mestiere lo versano ai loro mantenuti. 

***

Durante queste mie ricerche mi sono imbattuto in 12 vasetti noti alla questura come ladri di destrezza: 5 sono stati carcerati 4 volte; 6, 7 volte, ed un altro, perché sommamente geloso, si rese anche colpevole di sfregio in persona di Carmela Ferrini, nota prostituta di vico del Sole, che, secondo il vasetto Filippo G., faceva del tutto per carpirgli... l'amante.
Noto è poi il fatto del femminella Carlo C., il quale anche per gelosia si tolse la vita col fosforo, facendosi scrivere per l'amante Francesco T. la seguente lettera:

Caro Ciccillo.
Io mi avveleno colle capuzzelle di fiammiferi perché tu ammogliandoti non potrai più abbracciare chi tanto ha sofferto per te arrivando a darti finanche il suo onore. Del resto io ti perdono dellùoffesa fattami perché sei cattivo come tutti gli altri uomini (sic). In qualche momento della tua vita e delle tue gioie arricordati del
tuo aff. amante
CARLUCCIO

***

Da ciò che innanzi abbiamo esposto si deduce che la "sodomia psichica non è un vizio, ma passione: passione colpevole, schifosa, ributtante finché volete, ma passione". (Mantegazza, Op. cit.*).

Studiando gli usi e costumi dei vari popoli troviamo, dice il noto professore di Antropologia di Firenze che "l'amore fra i maschi è uno dei fatti più orribili dellùumana psicologia e fu ed è in ogni tempo ed in ogni paese vizio assai più comune che non si pensi" (Op. cit., pag. 142).
"In alcune parti del Messico settentrionale si facevano matrimoni tra uomini, e a questi, vestiti da donna, era proibito portar armi" (Op. cit. p. 146).
"Molti viaggiatori parlano di vizi contro natura fra gli indigeni dell'America settentrionale.
Si vedevano uomini vestiti da donna e che attendevano in casa ai lavori muliebri, e ciò significava con troppa eloquenza a qual uso servissero queste abbiette creature".

E, mettendo da parte i tanti e tanti altri esempi di simili immoralità, un tempo comuni anche in Roma ed in Grecia, concludo collo stesso antropologo che: "da Alaska fino a Darien si vedono giovani allevati e vestiti come donne, e che vivono in concubinato coi principi e coi signori" (Op. cit. pag. 147).
 

 



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