Matthew Shepard
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16 marzo 1999
Questione di vita o di morte perché gli assassini di Shepard devono vivere Il delitto di Matthew Shepard, lo studente omosessuale delluniversità del Wyoming picchiato con inaudita violenza e lasciato legato e agonizzante ad una staccionata per 18 ore fino alla morte, il 6 ottobre 1998, ha provocato una forte reazione da parte della comunità lesbica e gay, ed è stato definito da subito come barbarico e atroce. Russell Arthur Henderson e Aaron James McKinney, i due ragazzi accusati della sua morte e in attesa di processo e forse di essere giustiziati, sono stati definiti "subumani" e "mostri", ma ora è arrivato il momento che la comunità omosessuale, soprattutto quella americana, ancora scioccata e giustamente oltraggiata, rifletta seriamente sulla necessita di non mandare a morte nessuno, nemmeno chi si potrebbe essere macchiato di colpe cosi gravi come Henderson e McKinney. Il primo gruppo omosessuale americano a mettere sul tappeto il problema è stato Queer Watch, i cui membri hanno rilasciato una dichiarazione il 5 gennaio in cui, oltre a criticare le altre associazioni per non avere preso una posizione chiara, hanno attaccato con forza gli avvocati che hanno chiesto la pena di morte per Henderson e McKinney. Mettere chiunque a morte per luccisione di Shepard è soltanto altrettanto barbarico che legare la vittima ad una staccionata e lasciarla morire al freddo ha dichiarato il portavoce di Queer Watch Michael Petrelis, e un altro esponente del gruppo, Bill Dobbs, ha aggiunto che "se dovessero essere condannati a morte, questo non riporterà Matthew Shepard in vita. Abbiamo la possibilità, come comunità, di mostrare che possiamo essere superiori alla richiesta di vendetta a sangue freddo ed essere un esempio per gli altri". Il silenzio di quasi tutte le altre organizzazioni omosessuali americane si è protratto per vari mesi, ma finalmente il 16 febbraio un gruppo di 11 organizzazioni ha reso pubblico un comunicato congiunto che condanna esplicitamente la pena capitale nel caso di Shepard. Ancora troppo poco ovviamente, come omosessuale avrei preferito che le organizzazioni lesbiche e gay si spingessero ancora più avanti nella difesa dei diritti umani, prendendo una posizione chiara ed inequivocabile contro la morte di stato, in tutto il mondo ed in ogni eventualità, non soltanto quando vede coinvolta, come in questo caso, una vittima omosessuale. Ora il dibattito sembra finalmente aperto anche nella comunità lesbica e gay americana, tra coloro che invocano la vendetta definitiva per Matthew Shepard e coloro, come Matthew Coles, direttore del "Lesbian and Gay Rights Project", che sostengono che "ciò che dobbiamo ricordare è che la risposta alla violenza omofobica non è l'imposizione o meno della pena di morte in un determinato caso, ma consiste nel far capire a tutta la società che gli attacchi verso gli e le omosessuali non saranno tollerati. Questa è la vera grande sfida". Luca Balboni, clicca sotto per ulteriori notizie sull'argomento: |
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