Cinema
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Risorge Sodoma?
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Cinema Dei e mostri Ian McKellen interpreta il mitico cineasta omosessuale James Whale, uno dei più grandi e incompresi geni del cinema hollywoodiano, padre di creature celebri come l'uomo invisibile o Frankestein L'attore Ian McKellen dà vita sullo schermo al regista cinematografico James Whale, in una insuperabile interpretazione per la quale è già stato premiato con la Conchiglia d'Argento nella passata edizione del Festival di San Sebastián - il festival di cinema più importante di Spagna -, e per la quale si presentava anche come candidato all'Oscar. In Dei e Mostri (Gods and Monsters, USA, 1998), il veterano interprete, che abbiamo visto recentemente in Estate di Corruzione nel ruolo di un ex militare nazista, incarna ora un personaggio assolutamente opposto. Si tratta di un genio, un eccentrico artista dal comportamento "discutibile", le cui tendenze omosessuali lo allontanano dal chiuso circolo puritano della Hollywood anni Trenta. Ritiratosi in una villa sontuosa, Whale - che con la gravità e la saggezza che offrono gli anni non rinuncia alla minima occasione per corteggiare i giovani studenti che passano per la sua casa -, si dedica a raccontare la propria vita allo stupito Clayton, Brendan Fraser (visto in George della Giungla), il muscoloso e avvenente giardniere che, dal momento del suo arrrivo nella casa, diventa oggetto del desiderio dell'anziano artista. Tutte le sue astuzie sono poche per conquistare il giovane, che, tuttavia, dalla iniziale incomprensione più assoluta finisce coll'accompagnare il vecchio fino alla sua inattesa morte. Assieme a loro risalta l'attrice Lynn Redgrave che , nel ruolo di Hanna, fedele e onesta domestica, offre una meravigliosa interpretazione, che già le ha conquistato il Globo d'Oro e una nomination all'Oscar come attrice secondaria. Luci soffuse, oscurità e tormente continue si susseguono in una favola che si rivolge al lato più immaginativo del nostro cervello. Fotogrammi e ricreazione di pellicole di altri tempi propongono una suggestiva retrospettiva in un film che, giocando con il bianco e nero e il colore in alternanza di scene, non ha nulla della reliquia e molto di contemporaneo. (Fonte: Estrenos, Spagna)
Dal cinema belga, la storia di un bambino che voleva essere una bambina per raccontare l'omosessualità con grazia, nonostante tutto. Vincitore del Globo d'Oro come miglior film straniero nella edizione 1997, La mia vita in rosa (Belgio, 1997) ha raccolto un grosso successo di critica e di pubblico nel mercato europeo ed americano, tanto che il suo regista, Alain Berliner, sta attualmente preparando un dramma romantico con Demi Moore come protagonista. La mia vita in rosa racconta la storia di Ludovic, un bambino che sogna di essere una bambina. Quello che a lui sembra normale, non lo sembra affatto a tutti gli altri. I genitori non sanno come comportarsi di fronte alla forza e la convinzione che dimostra il figlio, e i vicini del quartiere dove abita Ludovic mostrano incomprensione e rifiuto. Secondo il regista, la pellicola "parla dei sogni, della magia, della speranza. Spesso i film trattano temi come il travestitismo e la identità sessuale in quanto materiale comico. In questo caso, invece, l'innocenza del bambino e la sua stupefacente convinzione fanno sì che le sue domande ci tocchino il cuore e ci aiutino a comprenderlo". In definitiva, un film emozionante sull'infanzia e sulla comprensione. E tanti di noi, probabilmente, sapranno riconoscersi. (Fonte: Estrenos, Spagna) |
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