Nel suo libro Elementi di critica omosessuale (uno dei testi fondamentali del movimento gay italiano) Mario Mieli intitolò un capitolo di tema storico: "come gli omosessuali, di rogo in rogo, divennero gay".
Nel 1977 era essenziale, anche a costo di drammatizzare un po', riscoprire e denunciare le persecuzioni che nei secoli hanno colpito gli omosessuali: bisognava mostrare come per troppo tempo gli omosessuali fossero stati "minoranza oppressa", e quindi bisognosa di lottare per conquistare l'eguaglianza sociale.
Oggi invece, in un clima sociale più favorevole, diviene sempre più chiaro che è pericoloso leggere la storia gay solo come una sequenza di eventi che procede "di rogo in rogo".
I momenti di tolleranza non solo sono importanti, per la storia dell'omosessualità, quanto i momenti di repressione: in certi casi sono persino più importanti. Studiarli è perciò essenziale a una corretta comprensione della nostra storia.
Queste considerazioni iniziali servono a introdurre uno dei più interessanti fenomeni di tolleranza verso l'omosessualità della storia italiana: la corrente di pensiero nota come "libertinismo", che è la punta più alta di un generale atteggiamento tollerante verso l'omosessualità diffuso a partire dal Quattrocento. Trionfante in certi ambienti sociali nella prima metà del Cinquecento, riuscì a sopravvivere alla Controriforma per un paio di generazioni e, in alcuni capisaldi (fra cui Venezia e, soprendentemente, Roma (1) era ancora molto vivace oltre la metà del Seicento.
L'importanza del libertinismo nel campo dell'omosessualità è dimostrata dal fatto che ovunque ci siano in Italia, nei secoli XVII e XVIII, atteggiamenti favorevoli o anche solo non persecutorii nei confronti dell'omosessualità, o anche una semplice menzione priva di isteria, immancabilmente là ci sono libertini.
Anche in Francia o in Inghilterra i momenti e gli ambienti di massima tolleranza verso l'omosessualità rivelano la stessa dipendenza dalla diffusione di questa corrente di pensiero, costretta all'espatrio dalla repressione (2).
E quando più tardi l'Illuminismo cercherà di "farsi un'opinione" sul fenomeno omosessuale, sarà proprio nel libertinismo che troverà la risposta a molte domande, e opererà un saccheggio di idee a volte addirittura palese.
Caratteristiche del libertinismo
Vediamo allora di definire meglio questo fenomeno culturale e sociale.
Il libertinismo è una corrente di pensiero caratterizzata da una forte influenza delle antiche filosofie scettiche (pirronismo) e da un approccio materialista alla realtà. Alla sua formazione non sono però estranei, come è stato sottolineato da parecchi anni (3), sia la "polemica dei tre impostori" (che sarebbero Mosè, Gesù e Maometto) sia l'"aristotelismo eretico", tipici del tardo medioevo.
Un esame anche superficiale di questa corrente permette di notare che essa è composta da un insieme abbastanza eterogeneo di credenze, filosofiche in senso lato, e morali. L'eterogeneità di queste credenze non dipende dal caso, ma dal fatto che la spina dorsale del libertinismo è un atteggiamento scettico verso tutte le credenze comuni: non può infatti creare un nucleo di dogmi filosofici un movimento che quale unico dogma ha l'antidogmatismo.
Dunque, chi affronta il libertinismo deve avere sempre chiaro che non sta affrontando una scuola filosofica, ma piuttosto un atteggiamento mentale verso la realtà, un'area di pensiero. Questo spiega da un lato l'estrema complessità, fino alla contradditorietà, del libertinismo, e dall'altro spiega la sua estrema adattabilità e flessibilità, fino al doppio gioco del "nicodemismo".
Nonostante questa eterogeneità il libertinismo è comunque un'esperienza tutto sommato omogenea, nel senso che in tutte le sue espressioni è centrale almeno uno dei suoi elementi caratteristici: credenza nella mortalità dell'anima, teoria della religione come impostura, scetticismo e relativismo morale, elemento quest'ultimo che porta a un atteggiamento positivo nei confronti della sessualità, in tutte le sue espressioni.
La duttilità del libertinismo è dimostrata clamorosamente dalla presenza di atteggiamenti libertini persino all'interno della polemistica religiosa dei secoli XVI e XVII (in particolare là dove le sètte cristiane si accusavano a vicenda di essere opera di impostori) (4).
Non necessariamente il libertino è però ateo: spesso è deista ("possibilista"), o addirittura onesto credente (cattolico o protestante, fa lo stesso) che non ha fiducia nelle pratiche religiose esteriori (5).
Ciò non toglie che l'atteggiamento scettico nei confronti della religione mobilitasse contro il libertinismo vaste campagne di propaganda cristiana, tanto nel campo cattolico che in quello protestante. L'attuale uso della parola "libertino" come sinonimo di "personaggio immorale e dissoluto", non è altro che l'eredità di queste campagne denigratorie (6).
Tipica tesi libertina è, come già detto, quella secondo cui tutte le religioni sono opera di astuti impostori, che hanno sfruttato la credulità del popolo ignorante per terrorizzarlo con favole e miti, sottomettendolo così al loro potere.
Da questa premessa consegue che non esiste un codice morale "rivelato" da una divinità (ad esempio il codice morale cristiano). Il solo codice morale non arbitrario è quello che l'uomo colto riesce a costruire per mezzo della Ragione, attraverso la ricerca della Virtù e della Verità (7), che lo porta infine a scoprire e seguire la "legge di Natura" (8).
Tutto ciò comporta nel libertino il secco rifiuto di qualsiasi proibizione di comportamento basata solo su imperativi "rivelati" da una qualsiasi "sacra scrittura". Soltanto la Ragione può proibire certi comportamenti: quelli contrari all'equità e all'umanità.
La morale libertina è perciò squisitamente razionale e laica: gli imperativi morali non nascono da un imperativo religioso, ma dalla comprensione della necessità di regole per un ordinato e giusto vivere civile.
Se a quanto appena detto si aggiunge che fra i libertini è diffusa la credenza nella mortalità dell'anima (9), identificata in un principio vitale destinato a scomparire assieme al corpo che ha "animato", si comprendono le radici della loro tipica morale sessuale.
Natura e contro-natura
La morale sessuale del libertinismo è estremamente aperta nei confronti del comportamento omosessuale, che se non viene necessariamente approvato, non è neppure condannato.
Si può considerare paradigmatica l'affermazione di un libertino francese che, dopo aver sorpreso un amico a letto con un uomo, dichiara: "Spesso si arriva allo stesso fine per vie differenti; quanto a me, io non condanno affatto i vostri costumi, ciascuno si salva a modo suo, ma non andrò certo in Paradiso per la strada che seguite voi" (10).
Il fatto è che secondo i libertini la Natura ha provvisto l'uomo degli organi sessuali affinché se ne serva, essendo madre affettuosa e benigna, e non crudele.
L'uomo non è nato per soffrire, ma per godere dei piaceri a cui può darsi senza nuocere ai suoi simili.
Poiché all'uomo spetta una sola vita, quella terrena, non c'è ragione di soffrire in cambio di una ricompensa ultraterrena che non esiste (11).
Per queste ragioni il libertino non può non valutare in termini positivi la sessualità umana, ivi comprese le sue manifestazioni omosessuali (12). Il rapporto omosessuale ha, sul piano morale, la medesima dignità di quello eterosessuale o, per dirla più correttamente, la medesima irrilevanza.
La condanna biblica alla sodomia è per lo "spirito forte" (così i libertini definirono se stessi, in contrapposizione agli "spiriti deboli" vittime della superstizione) l'ennesima impostura. In realtà non può esserci nulla di male nel servirsi degli organi genitali per trarne un piacere che la stessa Natura ha reso possibile. Non può essere infatti "contro natura" ciò che avviene grazie all'opera e l'incitamento della Natura.
La famosa dichiarazione attribuita a Christopher Marlowe (1564-1593), secondo cui "tutti coloro che non amano il tabacco e i ragazzi sono pazzi" (13), esprime sinteticamente l'approccio libertino alla questione: bisogna essere "pazzi" per non apprezzare i piaceri che la vita ci offre!
La favoletta di Gesù sodomita
Dalle premesse appena esaminate emerge che il libertino tende a ridurre sistematicamente alla dimensione umana ciò che lo "spirito debole" attribuisce al sovrannaturale.
In questo sforzo inciampa contro l'onnipresenza, nella società in cui vive, della mitologia sacra. Come resistere quindi alla tentazione di "desacralizzare", riconducendoli alla realtà umana, i personaggi della storia santa, attribuendo loro difetti e desideri umani (anche sessuali)? Ecco nascere così quelle terribili e pittoresche "bestemmie" che tanto sconvolsero le Chiese antiche (14).
Fino a che punto il comportamento omosessuale facesse parte, per il libertino, della realtà umana, lo dimostra la tesi tipicamente libertina che sostiene che Gesù Cristo e san Giovanni evangelista furono amanti.
Troviamo già questa affermazione nel 1550 fra i capi d'imputazione del processo contro Francesco Calcagno che è pubblicato a séguito del presente saggio (15).
Nel 1593 ricompare nell'atto di accusa contro Christopher Marlowe, che avrebbe detto "che s. Giovanni evangelista era compagno di letto di Cristo, che giaceva sempre sul suo petto; che egli usava di lui come i peccatori di Sodoma" (16).
Dal suddito al re, la tesi riappare in bocca a re Giacomo I d'Inghilterra (1566-1626) per giustificare il suo amore per lord Buckingham: "Non sono né dio né angelo - gli angeli sappiamo che sono privi di sesso - ma un uomo come chiunque altro. Amo il conte di Buckingham più di chiunque altro. Cristo aveva il suo Giovanni, ed io ho il mio Stenie" (17).
Da un Paese protestante a uno cattolico (il libertinismo scavalca le barriere religiose): nel 1618 il sodomita Miguel Figuereido, 24 anni, è accusato a Lisbona di aver detto che "Cristo era molto attaccato a San Giovanni perché andavano a letto insieme" (18).
Da un continente all'altro: nel 1685 il principale poeta del Brasile coloniale, Gregório de Matos e Guerra, chierico, è accusato di aver detto che "nostro signore Gesù Cristo era "nefando", ma lo disse con un'altra parola più turpe ed esecrabile" (19).
Infine da un secolo all'altro, a dimostrazione della continuità esistente fra certe tematiche del libertinismo e quelle dell'illuminismo. Nel 1766 nell'Essai sur la peinture Denis Diderot (1713-1784), parlando dell'ipocrisia con cui si raffigura in pittura la beltà del corpo umano, afferma: "se la Maddalena avesse avuto qualche avventura galante con il Cristo; se, alle nozze di Cana, il Cristo fra un vino e l'altro, un po' "non-conformista", avesse sfiorato il seno di una delle damigelle, e le natiche di San Giovanni, incerto se restare o no fedele all'apostolo dal mento ombreggiato da una peluria leggera, voi vedreste cosa ne sarebbe dei nostri pittori, dei nostri poeti" (20).
Se un'idea tanto blasfema riuscì a sopravvivere a due secoli di persecuzione inquisitoriale, quante altre idee libertine sono riuscite a sopravvivere anch'esse, travasandosi prima nel calderone illuminista, e da qui poi nel pensiero dei nostri giorni (21)?
Ho compilato questa lista di citazioni (a cui si potrebbe aggiungere, se non fossero ormai al di fuori dei limiti temporali fra cui mi sto muovendo, Le palladion di Federico II di Prussia (1712-1786), un manoscritto di Jeremy Bentham (1748-1832) in difesa dei "pederasti", via via fino a Giovanni Papini (22)), per mostrare come quelle che a prima vista sembrano sfoghi estemporanei di un individuo si rivelano (col ripetersi in differenti epoche, classi sociali, nazioni e ambienti religiosi) espressioni di un modo di pensare coerente.
Il libertinismo, appunto.
Libertinismo e società
Sarebbe ovviamente assurdo pensare che la società, presa di mira dalle bordate blasfeme dei libertini, si limitasse a subire senza reagire. La propaganda antilibertina fu sempre massiccia e capillare.
L'eterodossia in campo sessuale, in particolare, fu sfruttata dagli avversari del libertino per presentarlo come un mostro di lussuria, un individuo privo di morale capace di qualsiasi scelleratezza pur di garantirsi i godimenti carnali.
In realtà il tipico libertino fu sempre rispettoso delle leggi, per quanto possibile. Convinto di appartenere a una élite di pochi illuminati (e veramente il libertinismo fu all'inizio fenomeno soprattutto urbano e delle classi medie e alte) in un mondo su cui regnano ignoranza e stupidità, lo "spirito forte" non intende creare scandalo fra le masse troppo ottuse per capire le ragioni del suo comportamento.
Il libertinismo è così, di fatto, anche un atteggiamento intrinsecamente conservatore (non a caso Antonio Rocco (1586-1652), autore del celebre Alcibiade fanciullo a scola, fu accanito avversario di Galileo Galilei), perché ritiene che le masse ignoranti, incapaci di tenere al guinzaglio con la Ragione i peggiori istinti animali, necessitino del freno costituito dalla religione e dalla superstizione (23).
Per questo nei confronti della religione l'atteggiamento del libertino è d'indulgenza divertita, o al più di beffa blasfema (la bestemmia!), ma non di contrapposizione aperta e programmatica. La superstizione, per quanto sia un male, è un male necessario.
Così come necessario è il nicodemismo (cioè la devozione puramente esteriore alle pratiche religiose care ai più), che non sempre è ipocrisia, anzi spesso è solo desiderio di non scandalizzare i cervelluzzi degli "spiriti deboli".
Un esempio: Antonio Rocco (1586-1652)
Dopo aver enunciato le più diffuse convinzioni libertine in materia di sessualità, cerchiamo di esaminarne un caso concreto (24).
Ho scelto un esempio celeberrimo ma poco studiato, quello di un libro ripubblicato di recente dopo aver costituito per secoli una rarità bibliografica: L'Alcibiade fanciullo a scola del già citato Antonio Rocco, scritto verso il 1631 ma pubblicato nel 1651 (25).
Sul fatto che il sacerdote Antonio Rocco fosse un libertino impenitente esistono pochi dubbi: per lui parla la collezione di denunce (cinque fra il 1635 e il 1652) che l'Inquisizione veneziana raccolse a suo carico, senza però riuscire ad arrestarlo a causa delle protezioni "in alto loco" di cui egli godeva (26).
Esaminandole si scopre che nel 1635 una "persona di zelo christiano" avvisò l'Inquisizione che in una riunione dell'Accademia degli Incogniti, di cui Rocco faceva parte, egli "nel suo discorso portando [citando, NdR] la scrittura di S. Paolo che si lamentava del stimolo della carne, al qual essendoli risposto sufficit tibi gratia mea [la mia grazia ti è sufficiente, NdR], espose e interpretò che detta gratia del Signore era la delettation carnale che l'huomo riceve nell'atto venereo, della qual espositione fù ponto e ripreso altamente all'hora da un Padre di S. Francesco ivi presente, che fù sentito da tutti gl'Accademici et auditori" (27).
Nel 1648 un certo Enrico Palladio, malato, confessa a scarico di coscienza di aver frequentato il Rocco, il quale "signor Rocco spesso ci domandava quanto tempo era che havevamo usato carnalmente ò naturalmente ò contra natura, e noi gli dicevamo alle volte di si, et egli soggiungeva, havete fatto bene, perché quello instrumento è stato fatto dalla natura, perché noi ne habbiamo i nostri gusti e diletti" (28).
Più lapidaria è la dichiarazione della "vilissima pecorella, anima christiana" datata 1652: "il Rocco non crede niente" (29).
Per la "vilissima pecorella, anima christiana" dell'ultima delle denunce collezionate dal Rocco, non ci sono dubbi: egli è un propalatore di dottrine irreligiose, sebbene "sapendo tutti che lui non dice Messa e vive come atheista non puòl far tant'impressione" (30).
L'Alcibiade fanciullo a scola
Se si passa dalle denunce private all'Alcibiade fanciullo a scola si nota senza difficoltà come la mentalità di fondo sia esattamente la stessa.
Il libro descrive come il maestro di scuola Filòtimo cerchi di convincere il giovane Alcibiade a cedere alle sue voglie, riuscendoci.
È un'opera importante per la storia dell'omosessualità perché in essa, partendo da un tema volutamente "ostico" e "impossibile, appena appena ricoperto dalla facciata di un "libretto da Carnevale", il Rocco esplora come sottrarre al controllo della morale sociale il comportamento sessuale (in questo caso omosessuale), per scoprire uno spazio individuale di coscienza, il quale sia in accordo con la Natura.
Alcune argomentazioni sono burlesche (come quando Rocco spiega che la sodomia è "contro natura" solo perché si pratica di contro (ossia dalla parte opposta) la natura, che in buon toscano significava e significa tutt'ora "organo genitale" (31).
Altre sono invece del più puro filone libertino. "Sono naturali", afferma il maestro, "quelle opere a cui la natura ci inclina, de' quali pretende il fine e l'effetto. Se adunque è natural inclinazione veder de' bei fanciulli, come sète voi contra natura? (...) Stimate voi la natura così improvida? È forse ìnvida al nostro bene? Impoverisce ella nelle delizie nostre? Gli si rubba cosa ch'ella non voglia? Se il tutto ha fatto per noi, il tutto a sua gloria è ragionevole che si goda da noi. Chi non si serve de' suoi doni la dispreggia; chi non mette in esecuzione le sue invenzioni si disnatura e gli diventa ribelle, onde merita d'esser tolto di vita; ella ne somministra il piacere, perché godendo noi la celebriamo per cara, provvida, ricca e cortesissima madre" (32).
E ad Alcibiade che obietta che così facendo si perde di vista la procreazione, il maestro ribatte: "Ma che? Forse sempre si prendono o devono prender i piaceri amorosi per generare? S'averà d'aver tanti figlioli quanti diletti carnali? Son follie lontane dal vero sentimento e dal giusto". Senza contare che non "mancano di quei che più a loro [alle donne, NdR] che a' fanciulli inclinano" (33).
E quando Alcibiade si fa scudo della legge, il seduttore non si lascia sorprendere. "Che le leggi d'alcuni popoli", afferma, "lo vietano, non è che in se stesso non sia buono. Aggiustano costoro le leggi a' suoi interessi; non sottomettono gl'interessi al giusto. (...) Hanno così fatti ordeni riguardi [tali regole hanno riguardi, NdR] piutosto agl'interessi di stato e di politica, che a dittami della ragione, all'inclinazione della natura; anzi, sopra questa maledetta ragion di stato gran parte delle umane leggi e le religiose stesse si fondano, talché alcune di loro esecrabili sono dal sciocco volgo stimate venerabili e sacrosante" (34).
In altre parole, la legge è mossa dalla ragion di Stato, cioè dall'opportunismo di chi regge il potere, e non dall'inseguimento della giustizia. Eppure a queste leggi e queste religioni, spesso volubili e crudeli, la gente prepone l'onore e la vita. In conclusione Filotimo chiede al discepolo: "Vi paiono elle giuste?" "Anzi, irragionevoli e pazze" rispose il fanciullo Alcibiade. "Nondimeno - ripigliò il maestro - canonizzate dall'uso, stabilite dal timore e autenticate per vere non meno dalla simplicità de' creduli che dalla severità di chi regge, sono per giustissime mantenute" (35).
Ad Alcibiade resta solo un appiglio: la legge divina. Ma anch'esso è rapidamente demolito dall'implacabile maestro, che gli mostra come "legge divina" non sia altro che un nome di comodo, applicato da chi detiene il potere alle leggi che promulga per indurre la gente ad obbedirle.
"Coloro a' quali, per loro privati interessi, è parso vietare questo diletto, stimando che li giudiziosi s'opponessero al vero, che le sue leggi fossero a ragione neglette, il caduco delle lor posizioni hanno cercato fulcire nel immutabile dell'apparente auttorità di Dio. Ove è manco [meno, NdR] di vero, ivi s'apportano più giuramenti, e per far credibile il falso si meschiano le cose profane con le sacre. Si vince la mente pura con l'attrocità delle pene e de' tormenti" (36).
Nel caso del racconto di Sodoma, Rocco escogita una spiegazione che, se non fosse oggi molto in auge fra i gruppi dei gay credenti, potrebbe essere definita "comica". Il racconto di Sodoma e Gomorra e la proibizione biblica furono escogitate, spiega Filotimo, per favorire la procreazione nel piccolo e minacciato popolo ebraico.
Ma "l'auttor di questa invenzione", che attribuì a Dio la proibizione di amare i maschi, finì col contraddirsi, perché "parendogli esser troppo rigore di porre in precetto quel che aveva inventato per amplificazione e per terrore nelle sue leggi scritte, non dice che per l'uso simplice de' fanciulli fossero le predette città sommerse, ma perché erano impie, crudeli, avare, rapaci, violente; e che l'ultimo della loro ruina fu la violenza che volsero [vollero, NdR] usare agl'angeli. E così mancò poco che non ritrattasse con questa limitazione quel che pareva di voler vietare del tutto: fu dunque castigata la violenza, non il piacere; la crudeltà, non l'amore; l'inumanità, non gl'amplessi" (37).
Legge di natura e responsabilità morale
Questa è la critica che Rocco muove alle leggi umane e divine. Ma bisognerà allora vivere senza leggi? Il libertino è davvero un lussurioso sfrenato che, come Sade, non bada a nulla pur di godere? Niente affatto. Il libertino obbedisce alle leggi di Natura, le sole ad essere rette e giuste.
Quali sono? Lo spiega il maestro di Alcibiade: "Chiamo leggi di natura (...) quelle che dal lume dell'intelletto sono a ciascuno degl'uomini, di qualsivoglia setta o nazione, naturalmente, senza artificio, sino dalla culla inserte; e approvate con universal consenso da tutti, e da' più savii e da' più giusti. In due parti principali si dividono: l'una conscerne [concerne, NdR] l'onor di Dio, l'altra la benevolenza ed equità del prossimo" (38).
Ora, accettare un rapporto omosessuale non va contro le leggi di natura. "Si è qui offeso il prossimo? Chi direbbe queste pazzie? E se dal libero albitrio, dono regale di Dio, dipende il volere e poter far ciò che piace del suo, perché non si può di questo? (...) Chi è tiranno sì empio che donando la libertà ad un suo servo gli proibisca l'uso? Ci averà dunque fatti liberi Dio perché siamo schiavi delle nostre passioni e dell'eccesso sregolato di esse? Egli dunque, nella tempra che ha data al nostro frale [alla nostra fragilità, NdR], vedrà languire le cagioni, riprenderà quel ch'è suo? O forse ha pena del nostro bene? Invidia il nostro diletto?" (39).
Ecco il segreto del libertino. Il suo comportamento deve essere regolato non da leggi imposte dall'esterno, ma dalle leggi di natura che egli porta impresse dentro di sé, leggi che gli dicono di evitare non l'amore omosessuale, ma piuttosto "la schiavitù delle passioni e l'eccesso sregolato di esse". Anche in campo sessuale.
Rifacendosi alle spiegazioni "scientifiche" dell'epoca (che vedevano nello sperma una forma di "sangue molto raffinato", per così dire "distillato" dall'organismo) e chiamando in causa la teoria degli Umori cara alla medicina antica, il maestro spiega che: "Il cazzo deve esser moderato, perché l'eccesso, privandoci della più pura e spiritosa sostanza, ci estenua, ci dissecca e consuma. E ben spesso in loco di seme si manda fuori sangue vivo, si distilla il cervello, si discipano i spiriti: onde si cangia figura e colore, e s'accellera [sic] velocissimamente la morte, perché la natura, intenta più alla conservazione della specie che del individuo, mette ogni sforzo a preparar materia per la generazione, sì che dato fuori il seme ne apparecchia subito dell'altro, e ne toglie la materia dal sangue più puro, onde ne rende vuote le vene e le parti più principali e più vitali" (40).
Strana tesi, che sfugge dalla teologia per porre nella biologia le ragioni ultime della temperanza sessuale. Strana, ma non sterile, se ancora nel XVIII e XIX secolo sarà nella fisiologia che la morale laica cercherà di radicare i suoi interdetti sessuali.
Pensiamo a un personaggio come Tissot. Visto alla luce di queste affermazioni di Rocco ci apparirà non più come un precursore della morale borghese dell'Occidente, quale ce l'hanno presentato i vari Aron e Kempf (41), ma piuttosto come un epigono del tipo di morale propugnata dai libertini. Un motivo in più per guardare al libertinismo con interesse.
Un interesse che non può non aumentare nel rendersi conto del fatto che Rocco nel suo libretto non si è limitato a esibire l'armamentario polemico del libertinismo nei confronti delle leggi morali e religiose.
Rocco ha aggiunto pure un richiamo al diritto a vivere ciascuno secondo le proprie "inclinazioni" (oggi diremmo "tendenze") innate, che ci appare modernissimo e vicinissimo alle nostre aspirazioni: "Se l'orologio ha [riceve, NdR] il moto dalle ruote e dalli contrapesi che gl'ha dati l'artefice, sarà difetto d'esso orologio che batta l'ore a questo tempo o in un altro?
Le inclinazioni sono contrapesi datici dalla natura e da Dio, chi segue quelli non s'allontana dai propri principii, non fa contro l'istitutore" (42).
Non avendo noi scelto le nostre tendenze innate, dichiara insomma Rocco, non possiamo andare contro la natura o contro Dio che con quelle tendenze ci hanno creato. Può darsi che gli altri giudichino l'omosessuale come un orologio che batte le ore nel momento "sbagliato". Ma se anche così fosse, essendo stati Dio e la natura a costruirlo in modo tale che egli batta le ore in quel modo e non in un altro, come può egli avere una qualche colpa?
Non c'è bisogno di sottolineare come una filosofia capace di riflessioni di questo tenore permettesse sorprendenti spazi di giustificazione e tolleranza nei confronti del comportamento omosessuale (43).
Al punto che oggi gli storici iniziano a chiedersi se laddove essa prevalse non abbia ostacolato la persecuzione dei "sodomiti" (44).
Sorte del libertinismo
Inizialmente forte nel XVI e XVII secolo in Italia, il libertinimo fu perseguitato con accanimento dalla società della Controriforma e ridotto, almeno nelle sue manifestazioni più evidenti, a corrente sotterranea, clandestina.
Il ridimensionamento del libertinismo italiano non significò comunque la sua fine: la "mala pianta", prima di essere tagliata, era riuscita a spargere i suoi semi in Inghilterra e Francia, dove si osserva nel XVII secolo quella fioritura eccezionale che darà vita al libertinismo "classico" che tutti conoscono (quello del XVIII secolo).
La vera decadenza iniziò semmai quando nel XVII secolo l'evoluzione del pensiero occidentale lo mutilò della sua speculazione scientifica (incapace di staccarsi dall'aristotelismo) e propose a partire da Galileo e Cartesio fino a (soprattutto) Hume un approccio al materialismo più produttivo.
Questa "mutilazione" si rivelò benefica, portando alla ribalta quella che era sempre stata la carta migliore della corrente libertina: la riflessione nel campo dell'etica. Qui il libertinismo rimase produttivo sino all'avvento dell'Illuminismo, di cui costituì una delle radici e da cui fu rimpiazzato.
Tipiche argomentazioni e tipici atteggiamenti libertini riemergono, come si è già detto, negli scritti degli illuministi; e ancora a XVIII secolo avanzato un approccio coerentemente libertino si trova nelle opere del marchese de Sade.
E' però proprio questo autore a marcare la fine del libertinismo, che in lui diviene esattamente ciò che i suoi avversari lo rimproveravano di essere: la ricerca del piacere (riservata a un'élite) che non si ferma di fronte a nulla, neppure alla sofferenza altrui. Un atteggiamento ben lontano dalle esigenze di equilibrio e urbanitas delle prime manifestazioni libertine, e certo inconciliabile con quelle "leggi di natura" che il libertinismo inseguiva, e la rivoluzione francese si sarebbe sforzata di incarnare.
Con Sade ciò che era nato da un'esigenza di massimizzare il godimento dell'unica esistenza che è dato a vivere all'uomo, e quindi da un atteggiamento positivo e gioioso nei confronti della vita, diviene ricerca di piacere che può essere foriera di sofferenza e morte, come nelle Centoventi giornate di Sodoma.
Giunto a questo punto di non-ritorno il pensiero libertino non poteva non essere condannato a spegnersi definitivamente.
La Rivoluzione francese sconvolse per sempre il tessuto sociale (aristocratico) in cui il libertinismo manteneva le sue ultimi propaggini: dopo questo evento esso si può considerare estinto.
Libertinismo popolare
L'esposizione dei capisaldi del pensiero libertino che ho appena fatto non può rendere conto del suo significato di fenomeno sociale.
Se infatti per definizione il libertino è una persona colta (cioè - dati i tempi - o ricca o di condizione sacerdotale), le sue idee e il suo stile di vita non si fermano agli "happy few", vuoi perché lo stile di vita delle élite affascina sempre il resto della popolazione, vuoi perché alcune delle affermazioni più comuni riuscirono a diventare "buon senso comune" prima che la Controriforma riprendesse saldamente il controllo.
Né si può sottovalutare il ruolo che ebbero le lotte e le guerre di religione, mettendo in scena innumerevoli Chiese ciascuna delle quali condannava tutte le Chiese (meno se stessa) come frutto di impostura (45).
In questo clima è comprensibile che molti (anche nel "popolo basso") fossero indotti a concludere che tutte le religioni (nessuna esclusa) sono frutto di impostura, e fossero quindi spinti nelle braccia di visioni della vita più o meno "libertine". Magari rozze, o prive dei raffinati panni filosofici ostentati dai philosophes libertini.
Per questi ed altri motivi il libertinismo poté essere in Italia fenomeno in parte "popolare", o comunque più "popolare" di quanto non sia stato in Francia o Inghilterra.
Accanto alla forma "filosofica" (che è la sola fino ad oggi esaminata dai ricercatori) di chi aveva studiato antichi filosofi greci, esiste anche una versione "vulgata" che si esprime soprattutto nel dileggio delle autorità religiose e del rispetto ad esse dovuto, nell'adesione a una morale laica e possibilista, e - questo è il campo che ci interessa - in una visione positiva della vita e dei suoi piaceri. Questo atteggiamento vede la sessualità come un aspetto buono della vita (e non come un elemento di perdizione).
Questo disdegnato libertinismo "spicciolo" si esprime in una miriade di piccoli gesti di scherno contro la religione, che vanno da elaboratissime bestemmie alla profanazione di immagini sacre, ma che ha la sua manifestazione più importante nella impunità e facilità con cui i libertini potevano manifestare in pubblico le loro idee, nonché i loro comportamenti sessuali eterodossi.
Un eccellente esempio di questa facilità si ha nel processo a Francesco Calcagno pubblicato di seguito al presente saggio.
Conclusione
Quanto detto fin qui rappresenta, è ovvio, solo un approccio generalissimo al problema dell'influenza del libertinismo sulla morale e sul comportamento sessuale dei nostri avi.
Il fatto è che al mosaico mancano ancora numerose tessere. Se l'interesse per il libertinismo è recente (data solo dall'ultimo dopoguerra), quello per la tematica erotica nel libertinismo non ha mai preso il volo.
Troppi studiosi hanno dato per scontato che si sapesse già tutto della morale sessuale dei libertini (cosa poteva essere, se non "libertina"?) o che comunque fosse priva di interesse: giusto un pretesto per darsi alla dissolutezza (46).
Al contrario un esame diretto anche superficiale (quale è il mio) rivela che l'atteggiamento libertino fu più sfumato, più sano, più equilibrato di quanto ci si aspetterebbe.
Gli avversari del libertinismo hanno perso la guerra contro i "liberi pensatori", ma hanno vinto la battaglia d'immagine, sono riusciti a convincerci, forse per colpa di Sade, del fatto che il libertino fosse un gaudente che badava solo al proprio piacere egoistico.
Ci hanno così impedito di vedere in lui anche un precursore, l'autore di un tentativo di morale laica, un tentativo di trovare in se stesso, nella propria umanità, le ragioni del rispetto verso gli altri esseri umani.
Non sto cercando di fare del libertino il precursore dell'"uomo moderno": non lo fu. Sommando nicodemismi e ipocrisie belle e buone ci si accorge che sotto sotto al libertino andava bene la società di cui pure si faceva beffe.
Fare di lui un rivoluzionario sarebbe eccessivo. Come si vedrà, Francesco Calcagno, che pure si faceva beffe della Chiesa cattolica e delle sue credenze, non cessò per questo di celebrare messa, pur non avendo il diritto di farlo. Un atteggiamento contraddittorio al massimo grado.
Eppure liquidare il libertinismo come un figliolo appena un po' scapestratello della Controriforma cattolica, come ha fatto il protestante Giorgio Spini, è decisamente riduttivo.
Tanto più che per quello che riguarda il tema omosessuale, fra le pieghe di queste contraddizioni il libertino fu capace di trovare le motivazioni di una sostanziosa tolleranza verso tutti i "diversi", influendo sul pensiero occidentale nel senso di addolcirne l'atteggiamento anti-omosessuale.
Questa non sarà forse la Rivoluzione nel senso in cui avrebbe potuto concepirla un Marx, tuttavia è già molto di più di quello che si accontenterebbero di avere molti omosessuali al giorno d'oggi.
E' forse poco?