proposta di legge 5865
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Proposta di legge n.5865
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L'Espresso, 30/09/99
Personaggi Sua Eminenza Prezzemolo Porporato per meriti mediatici scrive, compare, parla. Senza mai discostarsi dalla dottrina. E centro, destra e sinistra lo amano di Roberto Di Caro "Vorrà da me un articolo, un commento, sa che scrivo su molti giornali, parlo spesso alla radio, vado sovente in tv", pensa Ersilio Tonini quando, nel novembre 1994, l'allora segretario di Stato vaticano, il cardinal Angelo Sodano, gli comunica che Giovanni Paolo II sta per proclamare nuovi porporati. Altro che articolo: il papa intende nominare cardinale proprio lui, Ersilio Tonini, ottantenne vescovo emerito di Ravenna. Se ne stupisce al punto che Sodano gli chiede se per caso vuole rifiutare, poi capisce: "È per dare più rilievo all'azione che da anni svolgo nel mondo dei mass media", spiega in un'intervista al "Messaggero". E su "Epoca": "Penso che con questo gesto il papa abbia voluto sottolineare l'importanza dei mass media e invitare la comunità cristiana a servirsene". Racconta anche che Giovanni Paolo è molto contento della sua dimestichezza con giornali e tv: "Anche l'altro giorno, al Sinodo, sono passato accanto a un gruppo di vescovi che attorniavano il papa, mi hanno fermato, gli hanno detto "Santità, domani monsignor Tonini va da Biagi per una trasmissione sulla prostituzione... Lui s'è interessato, ha capito. Credo che poi, se non avrà visto la trasmissione, l'avrà comunque seguita il segretario". Eccesso di modestia, quello di monsignor Tonini: ha fatto altro, nella vita, che parlare in tv. Ma evidentemente non gli dispiace l'idea di essere il primo porporato per meriti televisivi, il primo nominato a furor di audience. Ha ragione: i predicatori tv americani, al confronto, sono dilettanti arruffoni e allampanati, e la loro eccitazione miracolistica è cattiva recitazione se comparata all'arte argomentatoria, sinceramente appassionata e lievemente compiaciuta di sé, dell'esile prelato. Conosce i tempi dei media. Non lo spaventa la semplificazione. Padroneggia la tecnica retorica del "sì, ma" come nessun altro. Usa a proposito dotte e belle citazioni per dire cose che tutti capiscono, e che talora tutti già sanno. Vera manna per i giornalisti, mai che si tiri indietro: solo di recente, dopo un paio di svarioni dei quali beninteso non ha colpa, ha deciso di controllare sempre la fonte prima di lanciarsi in polemiche originate da incerte e succinte note di agenzia. È, nel senso migliore del termine, un affabulatore nato. Lo è d'istinto, con convinzione. Nella sua vita s'è conquistato uno dopo l'altro tutti quelli che, a guardare dall'alto la scacchiera di gioco, avrebbero dovuto essere se non i suoi nemici almeno i suoi diretti avversari: sindaci rossi, deputati del vecchio Pci, preti anticelibato, aspiranti democratizzatori del corpo ecclesiale. Parroco a Salsomaggiore, poi vescovo a Macerata, nel '75 Paolo VI lo manda a Ravenna come "commissario politico", nel vocabolario vaticano "amministratore apostolico sede plena": cioè arcivescovo resta, per qualche mese ancora, il progressista Salvatore Baldassarri, ma il potere passa subito a Tonini. Mezzo clero e tre quarti del Pci al governo si aspettano il normalizzatore cui far guerra: si ritrovano un monsignore che invece di risiedere in arcivescovado si prende una stanza all'Opera Santa Cristina tra i preti poveri e la comunità per drogati da lui stesso voluta, finanziata e seguita. Invece di manovrare dietro le quinte, si fa amici tutti i politici, destra, centro e sinistra. Invece di battagliare, Curia e Comune rosso fanno d'amore e d'accordo grandi progetti di recupero urbanistico e pubbliche crociate contro il lavoro nero in fabbrica. Mai una grinza sugli asili cattolici, puntualmente finanziati dagli enti locali. E dire che, sulla dottrina, monsignor Tonini non è stato mai un campione di innovazione. PROFILATTICO TOTALITARIO. L'ultimo duello, di questi giorni, è con Franco Grillini, presidente onorario dell'Arci-gay: un habitué, visto che polemizzare è per loro un'occupazione ricorrente, quasi un rito. L'anno scorso, quando Tonini attaccò i sindaci che istituivano registri delle "famiglie di fatto", definendolo "un tentativo di coprire il movimento omosessuale". Il mese scorso, quando plaudì al film "La Vespa e la Regina" di Antonello De Leo, storia di un gay che scopre l'eterosessualità, dimostrazione "di come ci si possa redimere dai propri peccati e dalle proprie inclinazioni sbagliate, sicché ognuno ha la speranza che esiste la salvezza". La settimana scorsa, quando si discuteva la legge contro la discriminazione nei confronti dei gay, per Tonini "un crinale pericoloso: domani perché non tollerare anche la pedofilia?". Sulla morale sessuale è assai rigoroso. Umano e comprensivo, questo sì, ma alla fine non si scosta di un millimetro dalla dottrina ufficiale. Quando nel '95 l'allora sindaco leghista di Milano, Marco Formentini, decide la distribuzione di profilattici a prezzi calmierati nei locali più frequentati dai giovani, cadono su di lui gli strali dell'"Osservatore romano" e, a seguire, l'anatema del cardinale: "Un'amministrazione deve amministrare e non assumersi responsabilità educative prendendo il posto della scuola, della famiglia e della Chiesa. Altrimenti corriamo il rischio di andare verso un sistema totalitario". Preoccupazione quest'ultima che, parlando di preservativi scontati, suona quanto meno esagerata. E quando, l'anno seguente, la rivista "Famiglia oggi" delle edizioni San Paolo pubblica un articolo cautamente aperturista verso la masturbazione adolescenziale, si prende, oltre a quelle dell'"Osservatore romano", anche le rampogne di monsignor Tonini: "La masturbazione", dichiara in quell'occasione, "è oggettivamente un atto gravemente disordinato, anche se, soggettivamente, in un adolescente non può esservi piena consapevolezza". Perdona, perché non sanno quello che fanno. Ma che non si contrabbandino tali atti per innocenti con la scusa che a condannarli si rischia di traumi psicologici: "Se no si dovrebbe ammettere anche la violenza adolescenziale". Logica forse stravagante, ma certo efficace. E poi, se la Chiesa ha condannato per duemila anni determinate posizioni e prassi, chi siamo noi per metterle in discussione? Un esempio per tutti: il diniego d'accesso delle donne al sacerdozio. Settori della Chiesa certo non in odore d'eresia ricordano come non sia un dogma, come vi sia sì in proposito un pronunciamento dell'autorità, ma non possa essere considerato definitivo: insomma, oggi no, domani vedremo. Monsignor Tonini va meno per il sottile: "Cristo, al momento di edificare la Chiesa, poteva coinvolgere anche la madre. Se non lo fece fu a ragion veduta". E poi perché diavolo pensano a fare il prete, le donne? Hanno altri compiti, nella vita e nella società: "Procreare e formare moralmente e spiritualmente i figli". E con questo, la faccenda è chiusa. Raccontato così, il cardinale sembra un rigido, insensibile difensore della tradizione. Beh, non è così. Né per le cose che dice né per quelle che fa. L'ha spiegato bene, in quattro righe, Enzo Biagi, che nel '91 lo lanciò come star dei media invitandolo ospite fisso alla sua trasmissione "I dieci comandamenti all'italiana" su RaiUno, e a ruota gli dedicò il libro "L'Italia dei peccatori": "A monsignor Ersilio Tonini, che predica la legge del Signore, ma conosce la miseria e la grandezza dell'uomo". Tutto si gioca su quel "ma", naturalmente. SÌ, MA. NO, MA. No all'eutanasia, è ovvio: ma "se il malato, in preda a dolori che nessun farmaco riesce a lenire, chiede l'eutanasia, non è un suicidio, cioè un delitto contro se stessi". No al divorzio, certo, "mai e poi mai la Chiesa potrebbe venir meno al principio dell'indissolubilità divina". No, dunque, anche a chi vorrebbe che la Chiesa "concedesse disinvoltamente i Sacramenti anche a coloro che si trovano in situazioni irregolari". Ma la Chiesa deve "accudire questi figli". Come salvare capra e cavoli? "Il confessore deve valutare i casi in cui in privato è giusto che questi fratelli e sorelle si accostino a Confessione e Eucarestia". In privato, si badi. E se questa soluzione sa di sotterfugio, ce n'è pronta un'altra: "Sul piano pratico avrei una proposta: riconoscere al vescovo la possibilità di dichiarare nullo un matrimonio contratto nella sua diocesi, senza aspettare il complesso procedimento della Sacra Rota". Dall'elenco dei "sì, ma" citiamo a caso. Sì nel '96 alla nuova legge contro la violenza sessuale, che la trasforma in reato contro la persona e inasprisce le pene; ma perché non è punibile chi fa l'amore con una ragazza di 13 anni, soglia sopra la quale è considerata capace di decidere? "Chi ha detto che la ragazza di 18 anni è così matura da avere la piena consapevolezza?" Sì quando il Pontefice incontra in udienza i gestori delle discoteche; "ma dialogo non vuol dire legittimazione". E sì alla tv, ma "con qualche eccezione è solo spazzatura Una cosa spaventosa". Con qualche eccezione, appunto.
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