Baldassare Castiglione
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1 - bischizzi: bisticci.
2 - detto vulgato: proverbio
3 - Girolamo Donato (1457-1511), colto patrizio veneto che fu anche ambasciatore a Roma.
4 - Le "stazioni" della Via Crucis.
5 - Ovidio, Ars amatoria, 1, 59. ["Quante stelle ha il cielo, tante ragazze giovani ha la tua Roma", GDO].
5 - ["Quanti agnelli ha un prato, tanti sodomiti passivi ha la tua Roma", GDO].
6 - Giovanni Calfurnio, bergamasco, fu professore di retorica a Padova dal 1486. Morì nel 1503. ["Si dimandava" = "si chiamava". Nel linguaggio burlesco dell'epoca il "forno" è l'ano. È celebre la polemica che contrappose cattolici e protestanti per una poesia, il "Capitolo del forno", scritta da monsignor Giovanni Della Casa, che per questo fu accusato per tre secoli si aver scritto un libro in lode della sodomia. GDO].
7 - Pigli le parole e non la sentenzia: si attenga al significato letterale e non all'intenzione significativa.
8 - È il celebre umanista modenese Giacomo Sadoleto (1477-1547), segretario di vari papi, e poi (1536) cardinale. Era molto amico del Castiglione.
9 - Filippo Beroaldo il giovane, bolognese (1477-1518), fu insegnante nell'Archiginnasio di Roma e poi direttore della Vaticana.
10 - Forse a causa della guerra.
11 - Conti qui significa "cause", "motivi": ma il Sadoleto a bella posta equivoca.
12 - [Si tratta di Gaspare Pallavicino (1486-1511) che nell'opera è presentato come gran misogino, e che parla male delle donne e della loro disonestà. La battuta finale, con le donne che lo assaltano scherzose come le baccanti assaltarono Orfeo, è una garbatissima spiegazione di tanto odio, comprensibile ai lettori colti: infatti secondo la letteratura antica il mitico Orfeo fu sbranato dalle baccanti per punirlo del fatto che egli aveva inventato... l'omosessualità. Non molti anni prima il Poliziano lo aveva presentato nella Fabula d'Orfeo aggredito dalle baccanti proprio mentre cantava la bellezza dei ragazzi e incitava ad evitare le donne. Dunque Gaspare - ci dice fra le righe Castiglioni - odia le donne perché preferisce i ragazzi. GDO].
13 - Filosofo platonico, scolarca dell'Accademia. Le fonti di questi episodi sono Valerio Massimo e Diogene Laerzio. [Ovviamente più che di virtù di castità a noi oggi questo pare disinteresse per le donne. Moltissimi gay sarebbero capaci di dare altrettanta prova di "continenza" nello stesso frangente... e forse è proprio quello che Gasparo sa di persona. Gli antichi non potevano ignorare la cosa, e quindi c'è forse qui un garbatissimo intento satirico del Castiglioni nel mettere in bocca al suo personaggio tali argomentazioni paradossali. Si veda qui di seguito la riposta di messer Cesare. GDO].
14 - La cortigiana Frine.
15 - [Coricata, GDO].
16 [Come suo solito Giulio Preti glissa sull'episodio, ma è noto che colui che guardava con troppa insistenza un ragazzo non era un tale qualunque, bensì il commediografo greco Sofocle. L'aneddoto si trova in Cicerone, Dei doveri, I 40. GDO].
17 [Per un buon periodo di tempo. GDO].
18 - quando: se.
19 - Le "sante orecchie" sono quelle delle due virtuose signore, la Duchessa ed Emilia Pio.
20 - [Accusano. GDO].
21 - [Perciò. GDO].
22 - [Quando gli uomini lussuriosi non hanno più forze di soddisfare la loro libidine trovano per soddisfarla modi in cui il vigore virile non è necessario, cioè la sodomia passiva. GDO].
23 - [Perciò. GDO].
24 - [Sono certissimo di questo fatto, tanto quanto lo siete voi del fatto che Socrate si alzasse dal letto in cui aveva dormito con Alcibiade senza averlo nemmeno toccato.
L'episodio a cui allude messer Cesare si trova nel Simposio di Platone: Socrate dormì accanto all'amato Alcibiade rifiutandone le insistenti avances sessuali.
Messer Cesare in realtà mette in dubbio lo svolgimento dei fatti. Socrate infatti amava Alcibiade perché in lui contemplava, nella sua pura bellezza, la bellezza divina di cui quella di Alcibiade era solo una manifestazione: questa era in effetti la teoria dell'"amor socratico" in voga allora.
Socrate inoltre amava i giovani per la loro virtù interiore e saggezza, ma certo è strano - continua implacabile messer Cesare - che la cercasse nei giovani, che ne hanno poca ma sono belli, e non nei vecchi, che ne hanno molta anche se sono brutti.
Messer Cesare inoltre ironizza: era uno strano posto davvero un letto in comune, e per di più di notte, per contemplare la bellezza di Dio!
Tutto questo brano è insomma un attacco a Gaspare Pallavicino, e attraverso lui alla teoria dell'amore "socratico" di cui si facevano scudo in modo sempre più sfacciato gli omosessuali nella prima metà del Cinquecento.
La virtù di Senocrate - contrattacca messer Cesare - consisteva solo nel fatto di essere vecchio, impotente e oltre tutto anche ubriaco fradicio, per cui per quanto "stropicciasse" Frine non ci fu nulla da fare. GDO].
25 - Essendo manifestamente impotente.
26 - [Prostituta. GDO]
27 - [Crederei maggiormente alla sua continenza se avesse dimostrato di esserne eccitato, e solo a quel punto si fosse controllato. GDO].
27 - In tal termine: a quel punto, in quel momento.
28 - Valerio Massimo (IV, 3).
29 - Allopiato: narcotizzato dall'oppio.
II 61.
Un'altra sorte [di giochi di parole, GDO] è ancor, che chiamiamo "bischizzi" (1); e questa consiste nel mutare o vero accrescere o minuire una lettera o sillaba, come colui che disse: "Tu dèi esser più dotto nella lingua "latrina", che nella greca".
(...)
È ancora faceta cosa interporre un verso o più, pigliandolo in altro proposito che quello che lo piglia l'autore, o qualche altro detto vulgato (2); talor al medesimo proposito, ma mutando qualche parola.
(...)
E messer Ieronimo Donato (3), andando alle Stazioni (4) di Roma la Quadragesima insieme con molti altri gentilomini, s'incontrò in una brigata di belle donne romane, e dicendo uno di quei gentilomini:
Quot coelum stellas, tot habet tua Roma puellas (5);
sùbito suggiunse:
Pascua quotque haedos, tot habet tua Roma cinaedos, (6)
mostrando una compagnia di giovani, che dall'altra banda venivano.
II 62
È medesimamente bello interpretare i nomi e finger qualche cosa, perché colui di chi si parla si chiami così, o vero perché una qualche cosa si faccia.
(...)
Un altro ancor a Padoa disse che Calfurnio (6) si dimandava cosí, perché solea scaldare i forni.
II 63
Dicesi ancora qualche volta una parola medesima, ma ad altro fin di quello che s'usa. Come essendo il signor Duca per passar un fiume rapidissimo e dicendo ad un trombetta: "Passa", il trombetta si voltò con la berretta in mano e con atto di reverenzia disse: "Passi la Signoria vostra".
È ancor piacevol manera di motteggiare, quando l'omo par che pigli le parole e non la sentenzia (7) di colui che ragiona.
(...)
Disse ancor messer lacomo Sadoletto (8) al Beroaldo (9), che affermava voler in ogni modo andare a Bologna: "Che causa v'induce così adesso lasciar Roma, dove son tanti piaceri, per andar a Bologna, che tutta è involta nei travagli?" (10). Rispose il Beroaldo: "Per tre conti (11) m'è forza andar a Bologna", e già aveva alzati tre dita della man sinistra per assignar tre cause dell'andata sua; quando messer Iacomo sùbito l'interruppe e disse: "Questi tre conti che vi fanno andare a Bologna sono: l'uno il conte Ludovico da San Bonifacio, l'altro il conte Ercole Rangone, il terzo il conte de' Pepoli". Ognun allora rise, perché questi tre conti eran stati discipuli del Beroaldo e bei giovani, e studiavano in Bologna.
Di questa sorte di motti adunque assai si ride, perché portan seco risposte contrarie a quello che l'omo aspetta d'udire, e naturalmente dilettaci in tai cose il nostro errore medesimo; dal quale quando ci trovamo ingannati di quello che aspettiamo, ridemo.
II 96
Rispose il signor Gaspar (12): - Io non son già lor nemico; ma ben pochi omini di valor si trovano, che generalmente tengan conto alcuno di donne, se ben talor per qualche suo disegno mostrano il contrario -.
Rispose allora messer Bernardo: - Voi non solamente fate ingiuria alle donne, ma ancor a tutti gli omini che l'hanno in riverenzia; nientedimeno io, come ho detto, non voglio per ora uscir del mio primo proposito delle burle ed entrar in impresa così difficile, come sarebbe il diffender le donne contra voi, che sète grandissimo guerriero; però darò fine a questo mio ragionamento, il qual forse è stato molto più lungo che non bisognava, ma certo men piacevole che voi non aspettavate.
E poich'io veggio le donne starsi così chete e supportar le ingiurie da voi così pazientemente come fanno, estimarò da mo innanzi esser vera una parte di quello che ha detto el signor Ottaviano, cioè che esse non si curano che di lor sia detto male in ogni altra cosa, pur che non siano mordute di poca onestà -.
Allora una gran parte di quelle donne, ben per averle la signora Duchessa fatto così cenno, si levarono in piedi e ridendo tutte corsero verso il signor Gasparo, come per dargli delle busse, e farne come le Baccanti d'Orfeo, tuttavia dicendo: - Ora vedrete, se ci curiamo che di noi si dica male -.
III 39
[Gasparo Pallavicino sta facendo esempi di uomini che si dimostrarono più "continenti" delle donne]: Potrei dirvi di Senocrate (13), il quale fu tanto continente, che una bellissima donna (14), essendosegli colcata (15) accanto ignuda e facendogli tutte le carezze ed usando tutti i modi che sapea, delle quai cose era bonissima maestra, non ebbe forza mai di far che mostrasse pur un minimo segno d'impudicizia, avvenga che ella in questo dispensasse tutta una notte; e di Pericle, che udendo solamente uno che laudava con troppo efficacia la bellezza d'un fanciullo, lo riprese agramente (16).
(...)
III 40
Allora messer Cesare, il qual per bon spacio (17) tacciuto avea, - Pensate, - disse, - di che modo parla il signor Gasparo a biasimo delle donne, quando (18) queste son quelle cose ch'ei dice in laude loro.
(...)
E s'io potessi senza infinito vituperio degli omini dire come molti d'essi siano immersi nella impudenzia, che è il vicio contrario a questa virtù, contaminarei queste sante orecchie che m'ascoltano (19): e per il più questi tali ingiuriosi a Dio ed alla natura sono omini già vecchi, i quali fan professione chi di sacerdozio, chi di filosofia, chi delle sante leggi; e governano le republiche con quella severità catoniana nel viso, che promette tutta la integrità del mondo; e sempre allegano (20) il sesso feminile esser incontinentissimo; né mai essi d'altro si dolgon più, che del mancar loro il vigor naturale per poter satisfare ai loro abominevoli desideri, i quali restano ancor nell'animo, quando già la natura li nega al corpo; e però (21) spesso trovano modi dove le forze non sono necessarie (22).
III 45
(...)
Io stesso l'ho veduto, - rispose messer Cesare, - e però (23) n'ho molto maggior certezza che non potete aver né voi né altri, che Alcibiade si levasse dal letto di Socrate non altrimenti che si facciano i figlioli dal letto dei padri; ché pur strano loco e tempo era il letto e la notte per contemplar quella pura bellezza, la qual si dice che amava Socrate senza alcun desiderio disonesto; massimamente amando più la bellezza dell'animo che del corpo, ma nei fanciulli e no nei vecchi, ancor che siano piú savi (24).
E certo non si potea già trovar miglior esempio per laudar la continenzia degli omini che quello di Senocrate; che essendo versato negli studi, astretto ed obligato dalla profession sua, che è la filosofia, la quale consiste nei boni costumi e non nelle parole, vecchio, esausto del vigor naturale, non potendo né mostrando segno di potere (25), s'astenne da una femina publica (26), la quale per questo nome solo potea venirgli a fastidio.
Più crederei che fosse stato continente se qualche segno de risentirsi avesse dimostrato (27), ed in tal termine (27) usato la continenzia; o vero astenutosi da quello che i vecchi più desiderano che le battaglie di Venere, cioè dal vino; ma per comprobar ben la continenzia senile, scrivesi (28) che di questo era pieno e grave.
(...)
Non vi pare ora, signor Gasparo, che dovessino i scrittori vergognarsi di far memoria di Senocrate in questo caso e chiamarlo per continente? Ché chi potesse sapere, io metterei pegno che esso tutta quella notte sino al giorno seguente ad ora di desinare dormì come morto, sepulto nel vino; né mai, per stropicciar che gli facesse quella femina, poté aprir gli occhi, come se fusse stato allopiato (29) -.
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L'Archivio di Storia Gay e Lesbica è a cura di Giovanni Dall'Orto Tutti gli articoli qui pubblicati appaiono per gentile concessione degli autori. |
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